Ma le indagini cominciarono a prendere una via che, solo più tardi si rivelò fruttuosa: individuarono lo sperma di un maschio in cui gruppo sanguigno era AB+; una svolta importante se si pensa che solo il 6% della popolazione russa appartiene a quel gruppo sanguino preciso.
Svolta importante ma non decisiva, purtroppo, perché Andrei Chikatilo fermato e interrogato, alla comparazione dei campione risulterà A+. Galvanizzato dall’averla fatta franca ancora una volta, rapisce una diciottenne che stuprerà e colpirà con 34 fendenti, prima di strangolarla e strapparle via gli occhi.
Si è nel pieno della follia e la pressione sia mediatica che degli organi inquirenti è arrivata alle stelle: il mostro di Rostov prenderà una pausa dai suoi assassinii, si fermerà per un tempo pari a circa un anno. Rostov è sotto assedio e circa un anno più tardi l’attività del mite e remissivo Andrei Chikatilo riprende a pieno ritmo: ucciderà uscendo dal suo habitat principale. Altri corpi, sei, altre mutilazioni. Il corpo di una ragazza di 22 anni venne rinvenuto in una cittadina fuori Rostov, privato dei capezzoli e l’organo sessuale. Strappati via a morsi.
19 novembre 1990
Nonostante il mistero legato alla differenza dei gruppi sanguigni, nonostante il depistaggio iniziale della moglie, nonostante gli spostamenti continui dell’assassino, in un clima surreale e urgente i detective Viktor Burakov e Colonel Fetisov, grazie anche al supporto fornito dalla collaborazione con il profiler Aleksandr Bukhanovsky, il 19 novemebre del 1990, catturano il Mostro di Rostov.
Confesserà 53 omicidi, così ripartiti:
- 21 bambini
- 14 bambine
- 18 giovani donne
Tutte violentate, mutilate e in parte mangiate dall’assassino, alcune ancora in vita, altre morte misericordiosamente prima di assistere all’orribile banchetto del loro stesso corpo.
Chikatilo ammetterà l’eccitazione sessuale provata durante i suoi omicidi, come la squassante risposta sessuale provata mentre faceva sgorgare sangue o mutilava o mangiava, avendo orgasmi ed eiaculando nei suoi pantaloni.
Così follemente compiaciuto delle sue gesta, guiderà la polizia nei luoghi ove aveva compiuto scempi di quei corpi e parteciperà collaborativo alla ricostruzione degli eventi, indicando il corretto posizionamento dei manichini impiegati.
Ebbe a dichiarare: “Badate tutti a cose inutili. Che cosa pensate possa aver fatto?… Non sono un omosessuale… ho il latte nei mio petto e sto per partorire!”
Al suo processo, instituito nel 1992, Chikatilo apparirà come completamente impazzito, al limite della follia: negò con forza ogni coinvolgimento per tutti quei delitti dei quali, lui stesso, aveva reso confessione e partecipato a ricostruirne le dinamiche. Venne prestata fede alle registrazione e venne giudicato capace di intendere e di volere, quindi, condannato a morte.
Il 14 febbraio del 1994, nel Penitenziario di Mosca, dopo aver trascorso gli ultimi sei mesi della sua prigionia in una vera e propria gabbia, Andrei Romanovich Chikatilo viene ucciso dal boia con un colpo di arma da fuoco alla tempia.
Numerosi istituti per lo studio della psiche umana e delle degenerazioni mentali fecero richiesta, disposti a elargire somme anche ragguardevoli, pur di avere il suo corpo a disposizione.
Secondo una dicerìa, una “leggenda metropolitana”, il corpo del mostro di Rostov giace proprio a disposizione della scienza.
Lucia Codato.