Cinquantatré minuti, durante i quali, quella mamma troppo attenta e presente e troppo preoccupata per la brutta piega di quel figlio, proprio non voleva saperne di morire, costringendo Pietro stesso a cercare di soffocarla infilandole in gola del cotone e, sembra, richiudendole la testa in una busta di plastica per la spesa.




Meno di un’ora più tardi, Pietro Maso, Burato e Carbognin avevano assassinato ferocemente i coniugi Maso e non restava altro da fare se non inscenare la seconda parte del loro progetto.

Si recarono, come detto, in due diversi locali, riuscendo ad entrare solo nella seconda discoteca; dovevano essere visti, serviva un alibi. Verso le due di quel mattino, 18 aprile 1991, Pietro Maso rientra in casa e da l’allarme: qualcuno è entrato in casa e il furto è finito in tragedia.

Fu l’acume di un carabiniere con una certa esperienza in merito a mettere in dubbio la versione del Maso. I cassetti dell’abitazione erano in effetti stati messi sottosopra, esattamente come a dimostrare che i presunti ladri cercassero qualcosa, ma il carabiniere seguì un ragionamento deduttivo e concluse che, proprio quel particolare, portava a convogliare il sospetto sul figlio stesso.

La tesi sosteneva che quando un ladro mette mano ai cassetti è fortemente improbabile che ne rovesci l’intero contenuto lanciandolo in aria ma che, una volta appurato cosa contenesse quel cassetto, in un numero esorbitante di casi viene richiuso.

Pietro Maso e i suoi complici cedono il 19 aprile 1991 e confessano il delitto dei poveri coniugi Maso.

Trent’anni è il tempo che Maso che trascorrerà in prigione per aver progettato e messo in atto l’assassinio feroce dei suoi genitori al fine di entrare in possesso degli averi della famiglia.

Eppure nonostante l’efferatezza, nonostante l’accanimento su quei corpi, Pietro non dimostra pentimento. Grande sostenitrice del significato intrinseco a questo mancato pentimento fu la scrittrice e giornalista Cinzia Tani che, nell’incontrare Pietro Maso e intervistarlo per poi trarne passi dei suoi libri, descrisse così il ragazzo: “in carcere le sue preoccupazioni sono la cura della propria persona, dal profumo all’abbronzante, dalla ginnastica a prendere il sole. Non prova alcun rimorso. Riceve lettere da migliaia di fans.».

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