Quando la polizia giunse nell’abitazione per prelevarlo trovarono ad attenderli l’avvocato Shapiro, l’amico Robert Kardashian e alcuni medici: O. J. Simpson era fuggito dal retro dell’abitazione con l’aiuto dell’ex compagno di squadra Al Cowlings.
Intorno alle 14 di quello stesso giorno, quindi a poche ore dalla sua scomparsa il comandante David Gascon della polizia di Los Angeles annunciò in conferenza stampa che O.J. Simpson era ricercato per duplice omicidio.
Intercettati lungo l’Autostrada 405 diretti verso la Contea di Orange ebbe inizio quello che i media chiamarono “The Bronco Chase”, ripreso in diretta TV e seguito da circa 75 milioni di persone.
O.J. Simpson aveva una pistola con sé e minacciò più volte di uccidersi, dirigendosi infine verso la sua abitazione a ,mentre il compagno Cowlings scene dall’auto, Simpson rimase chiuso in auto per un’ulteriore ora, sempre minacciando il suicidio.
Si arrese e venne così arrestato.
A processo iniziato, l’accusa dipinse Simpson come un uomo violento, ricorrendo alle molteplici accuse e denunce della ex moglie. Sostenne che l’uomo non si rassegnava alla separazione e come ritorsione aggredì mortalmente la donna.
Ma la difesa giocò in un terreno particolarmente sensibile in quel periodo storico americano e se in prima analisi tentò di screditare e smontare l’impianto accusatorio e le relative prove a carico dell’imputato, in un secondo momento puntò tutto sulla discriminazione a sfondo razziale.
Simpson era ricco, famoso, una star dello sport e del cinema ma Simpson restava comunque un uomo di colore che doveva in qualche modo pagare questa condizione e questo si tradusse, secondo la difesa, in un tentativo di depistaggio da parte dei poliziotti, che volutamente intendevano, a suo dire, incastrare l’ex campione di football.
La difesa puntò i riflettori su Mark Fuhrman, bianco, l investigatore che trovò i guanti insanguinati e venne screditata la sua figura ricorrendo anche alla trasmissione audio di alcune intercettazioni in cui l’uomo si scagliava con epiteti decisamente forti nei confronti delle persone di colore e, sempre in una delle intercettazioni, l’investigatore ebbe a dire, a proposito della certezza della colpevolezza “…in qualche modo le prove saltano fuori”.
In quel momento, gli avvocati di Simpson, insinuarono il dubbio che i guanti, considerati la prova regina del caso Simpson, potessero essere stati collocati volutamente al fine di condurre alla colpevolezza dell’imputato.
Sostanzialmente la difesa non fece altro che preparare il terreno al ragionevole dubbio circa l’impronta razzista del distretto nella persona di alcuni fra gli elementi coinvolti, coltivando poi come diretta conseguenza, la scorrettezza nell’esecuzione e della repertazione stessa e dell’esito delle indagini.