Questo è lo scenario che nel 1997 vede coinvolta Asia Argento, allora 21enne, che racconta i fatti svolti presso l’Hôtel du Cap Eden Roc, in Costa Azzurra. Con la Miramax stava lavorando al suo ruolo nella commedia “B.Monkey. Una donna da salvare“. Racconta di aver ricevuto l’invito ad un party dalla casa produttrice, che al suo arrivo non vi fosse nessuno e che, in compenso, venne accompagnata nella suite del produttore. Asia racconta di come tentò di sottrarsi all’aggressione sessuale da parte di Weinstein che riuscì invece a costringerla a subire, infine, sesso orale : “Mi terrorizzava, era un uomo troppo grosso per me. È stato un incubo“.

Ma, nel proseguo del suo racconto, l’attrice aggiunge quel particolare che, secondo alcuni, si è rivelato sufficiente per puntare il dito alla donna; Asia Argento infatti ricorda come, da quel momento, prese a frequentare il produttore per anni, intrattenendo con lui rapporti consensuali e aggiunge : “Sembrava ossessionato da me, mi faceva molti regali costosi“. Ma quell’episodio iniziale, specifica lei stessa, ha comunque segnato la sua vita per anni: “Mi sono sentita responsabile. Se fossi stata una donna forte gli avrei dato un calcio nelle palle e sarei scappata. Ma non l’ho fatto. È stato un trauma orribile“.

E in Italia scoppia la polemica, con Vladimir Luxuria che sostiene come Asia Argento, attrice di tutto rilievo, non potesse sentirsi ostaggio di un ricatto implicito legato alla sua carriera. O ancora il parere espresso da Barbara Di nel blog a cura della stessa contenuto ne Il Giornale.it che, senza mezzi termini, definisce la rivelazione tardiva come ipocrita.

E mentre noi in Italia si è alle prese con “vittima di violenza sessuale sì o no” in America moltissime dive del cinema prendono le distanze dal produttore, fiancheggiate dai colleghi di sesso maschile, tutti uniti sotto il mantello di un’èlite progressista hollywoodiana.

Verrebbe da pensare che in Italia la percezione di un reato dipenda da troppi fattori, ma è giusto portare a galla anche un aspetto , una sorta di retroscena americano perché, se da un lato assistiamo allo scandalo che coglie di sorpresa molti volti noti del grande cinema, dall’altro assistiamo allo scalpore dato dal fatto che, molto semplicemente, in america tutti conoscevano bene la realtà. E per quanto si voglia ora puntare i riflettori sulla diversa reazione tutta italiana, alle prese con dubbi fondati o meno, nel versante americano non è vero che le posizioni siano state tutte proprio coese. Infatti da più parti si giudica chi sapeva e taceva, organi di informazione compresi.

A noi, forse, restano da capire i confini di una violenza sessuale, riuscendo a stabilire oltre ragionevole dubbio quando la si ritiene coercizione e quando è mero tornaconto di qualsivoglia tipo. Dovremmo riuscire però a comprendere anche la percezione soggettiva di una violenza sessuale e i relativi confini di una sudditanza psicologica.

Sudditanza psicologica che certamente ha investito anche i volti noti americani ma che, decisamente protesi a “salvare il salvabile”, hanno scelto di arginarne i danni prendendo, oggi, tutte le distanze del caso.

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