Sarebbe stato grottesco lasciare ai crociati infedeli (la definizione dei cristiani) il posto che ha rappresentato la nascita dello Stato Islamico, la Grande Moschea di al Nuri, e così tra tanti scempi, è stato compiuto anche questo.
Mercoledì mattina l’esercito iracheno aveva annunciato per il giorno successivo l’inizio di un’offensiva militare per riconquistare la moschea, che avrebbe di fatto simboleggiato la sconfitta definitiva dello Stato Islamico a Mosul. Diverse ore dopo gli iracheni hanno però diffuso un altro comunicato per dire che lo Stato Islamico l’aveva distrutta. Lo Stato Islamico ha confermato la notizia dando però la colpa a un attacco aereo americano, accusa smentita dal Comando centrale degli Stati Uniti.
L’impressione è che lo Stato Islamico abbia voluto togliere ai soldati iracheni l’immagine potenzialmente più iconica della sua sconfitta a Mosul, e allo stesso tempo abbia provato a incolpare gli americani. Tra molti arabi sunniti del Medio Oriente circolano infatti da anni moltissime teorie complottiste sulla nascita dello Stato Islamico, che spesso si considera come uno strumento nelle mani di qualche nemico, come l’Iran sciita, l’Occidente o Israele. La distruzione della Grande Moschea di al Nuri potrebbe alimentare ancora di più queste teorie, soprattutto tra gli abitanti di Mosul, città a grande maggioranza sunnita e molto diffidente nei confronti del governo centrale di Baghdad, che dalla destituzione di Saddam Hussein, nel 2003, è controllato dagli sciiti.
 
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