(foto fonte web)
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Sconvolgente la biografia sulla cantante francese che ne svela un lato sconosciuto e inatteso. 110 lettere scritte dalla stessa cantante svelano una vita di eccessi e collaborazioni filonaziste per l’etoile della chanson francaise.

“Piaf, un mito francese”

Così si intitola il libro di Robert Belleret, ex giornalista di Le Monde, biografia destinata a sconvolgere l’opinione comune della famosissima cantante.

Scrive Edith, scrive al suo amico e mentore Jacques Bourgeat alcune lettere in cui rivela la sua solitudine, la combattività e la voglia di emergere.

Ma per emergere, oltre al talento e alla sua voce unica, ci sono anche alcune bugie: non nacque per strada come amava raccontare, ma in un ospedale parigino, e spesso oltre ad esibirsi diffondendo la sua melodiosa voce, era solita frequentare un bordello affollato da ufficiali del Reich e dai collaborazionisti francesi più in vista, si lasciava andare a fiumi di champagne e collezionava amanti vari, forse una cinquantina, che poi lasciava con una crudeltà inaspettata.

L’altra faccia della medaglia

Una voce da usignolo che canta il lato bello della vita, quella Vie en Rose che ha incantato e allietato tutti noi, e che forse continua a farlo ancora oggi, ma che ha coperto e celato un lato oscuro e ambiguo, che va oltre il fascino irresistibile della famosa cantante.

Soprattutto durante l’occupazione fascista in Francia, la donna inventa di aver portato di nascosto dei documenti falsi ai prigionieri francesi, solamente per potersi salvare dai sospetti di un presunto collaborazionismo filonazista.

Ciò che colpisce è che a raccontarlo è lei stessa, come dimostrano le lettere ritrovate nella Bibliotheque Nationale, come a volerci suggerire che una parte di lei desiderasse esprimere la verità, dare voce alla realtà, lasciarne traccia in qualche modo.

La biografia di Belleret ce lo racconta. Sconvolgente, inaspettata, vera.

di Marina Montini