Un’équipe di sommozzatori viene inviata sul fondo del mar dei Caraibi per indagare sulla misteriosa scomparsa di un sommergibile americano.
In stridente contrasto con la frase di Friedrich Nietzsche che lo apre, “The Abyss” è prima di tutto un film di sfacciato e offensivo buonismo che persino Walter Veltroni troverebbe eccessivo; poi, e solo poi, è un film di fantascienza e come tale contiene degli effetti speciali straordinari, giustamente premiati con l’Oscar nel 1989.
James Cameron, grande cultore del portafoglio, ribadisce la superiorità e la soggezione dell’uomo a tutto ciò che non è umano (siano macchine o creature extraterrestri, come in “Aliens”): una visione delle cose ammirevolmente progressista, ma tutto ciò non basta a spiegare l’illogicità del lieto fine più esagerato della storia, con i fili giusti tranciati al momento giusto, onde da olocausto che si fermano a mezz’aria, alieni kennedyani e miracolose resurrezioni, con tanto di bacio finale tra maritino (un Ed Harris improbabilmente lanciato come nuovo Superman del cinema americano) e mogliettina (Mary Elizabeth Mastrantonio che aveva già imboccato la discesa).
Incomprensibilmente lunghissimo: Cameron prolunga per i primi novanta minuti un gioco d’attesa fin troppo estenuante, prima di iniziare a menare le danze. Si possono apprezzarne le singole scene, comunque non del tutto originali (ampi debiti con Kubrick e Ridley Scott) e l’ambientazione da science-fiction a testa in giù (in cui lo spazio è l’oceano e le astronavi sono i sottomarini), ma mai la poetica generale, impregnata di un’ottimismo ipocrita da botteghino e pop-corn, ancora più fastidiosa se spacciata per fantascienza con “morale”.
Ma quando mai.
James Cameron, 1989
Recensione di Giuseppe Pastore
http://cinema-scope.org/2007/07/24/the-abyss-james-cameron-1989/