Presto la Fiat produrrà il Ducato sul suolo russo. Ma la Storia dice che è solo l’ultima di tante.
La notizia circola ormai da un mese e in questi giorni di settembre dovrebbe arrivare la conferma definitiva: la Fiat ha raggiunto un accordo con Zil per produrre in Russia il Ducato. Una scelta strategica basata su uno studio secondo cui la Russia diventerà il primo mercato europeo automobilistico entro il 2020 e in linea con i nuovi dettami Fiat, che punta a diventare leader mondiale dell’automobilismo, come conferma il responsabile Alfredo Altavilla in un’intervista al Corriere: «Stiamo ridisegnando il dna del marchio Fiat con il chiaro obiettivo strategico di posizionarlo in una fascia premium di mercato».
Un tempo…
Una scelta che sembrerebbe innovativa, ma che in realtà non fa altro che proseguire sul binario che Italia e Russia hanno costruito da inizio Novecento. Già prima dell’inizio della Prima Guerra Mondiale un finanziere italiano, Riccardo Gualino, intravide nell’ascesa russa un’importante occasione economica: la tardiva rivoluzione industriale avrebbe portato un forte benessere e la nuova borghesia non si sarebbe accontentata delle fatiscenti abitazioni russe. Gualino propose la costruzione di un sobborgo nell’isola di Vasilevskij ma lo scoppio delle ostilità fermò il progetto.
L’unione con l’URSS fu solo rimandata: dopo la Guerra l’imprenditore Franco Marinotti aprì il primo ufficio italiano in Russia, una società di import-export. Gli affare si fecero più semplici a partire dal 1924, quando Mussolini riconobbe l’URSS; di lì a poco iniziò la collaborazione con gli Agnelli, che realizzarono a Mosca la prima fabbrica di cuscinetti a sfera.
Quei fantastici anni ’60
L’apice della collaborazione venne raggiunta negli anni ’60: gli italiani erano interessati alle risorse minerarie sovietiche (prima il petrolio, poi il gas), i russi erano interessati alle tecnologia del Belpaese. Dopo un lungo negoziato l’Eni (grazie soprattutto alla figura di Enrico Mattei) raggiunse nel 1960 un accordo triennale per la fornitura di greggio e olio combustibile a un prezzo imbattibile sul mercato (un dollaro e 26 centesimi al barile). Biunivocamente, l’URSS si impegnava ad acquistare in Italia gomma sintetica, forniture per oleodotti e tubi d’acciaio.
Al 1966 risale invece uno degli accordi più remunerativi della Fiat: nei pressi del Volga venne costruita una fabbrica di automobili italiane. Per l’occasione sorse anche una città, battezzata per l’occasione con il nome di un leader comunista, “Tol’jatti”. Magari il prossimo stabilimento Fiat in Russia sarà localizzato in una città chiamata per l’occasione “Ag’nell”.
di Nicola Guarneri