Uccidere il proprio figlio è un atto di una gravità devastante eppure è allo stesso tempo un atto ben radicato nella storia dell’uomo. Certo angoscia pensare che tutt’oggi, in una società civile e disciplinata come la nostra si possa compiere un’azione tanto abominevole. Tutto ciò che possiamo tentare di fare è capirne di più su questa triste fenomenologia. In questo articolo prenderemo in esame il figlicidio compiuto dalle madri. Elementi peculiari del fenomeno risultano essere i sentimenti inadeguati di maternità, la presenza di malattie mentali, l’abuso di sostanze stupefacenti e/o alcoliche e la presenza di condizioni di stress che in ultimo possono far scattare il compimento dell’agito omicidiario.
Il comportamento che contraddistingue la madre è stato oggetto di studio in tutte le fasi: a seguito del delitto, nonché prima, durante e dopo il procedimento giudiziario così come nel periodo di detenzione in carcere. Tenendo presente che non è possibile generalizzare delineando uno schema di comportamento della madre dopo l’uccisione del figlio, valido per tutte le madri, occorre valutare ciascun caso nella sua specificità, ma certamente la presenza di malattie mentali, il rapporto con la famiglia d’origine e quella acquisita, la capacità di introspezione e di accettazione in relazione all’omicidio compiuto sono varianti che influenzano notevolmente tale comportamento.
E’ interessante notare come alcune madri ree di figlicidio riferiscano con stupore le notizie apprese dai mass-media in riferimento ai casi di mamme che hanno ucciso i propri figli, poiché è davvero inaccettabile per loro che simili tragedie possano verificarsi. A tal proposito si riprende in questa sede un passo di un interessante libro del Dottor Vincenzo Maria Mastronardi e Matteo Villanova: ‘”La protagonista di un recente caso, una madre che ha strangolato la sua bambina con il filo di un citofono, mi ha raccontato testualmente <<Qualche giorno prima dell’accaduto, in televisione diedero la notizia di una madre che aveva gettato il figlio dal balcone.
Io ho detto: Ma quella è matta! Perché non si è buttata anche lei? E pochi giorni dopo che cosa capita? Che succede anche a me!>> – (“Madri che uccidono”, Newton Compton Editori). Tra le cause del figlicidio Resnick propone le motivazioni di figlicidio altruistico (in cui la madre compie il delitto per evitare al figlio le sofferenze di un’esistenza difficile, ad esempio se malato); figlicidio ad elevata componente psicotica (quando il delitto è compiuto in preda ad allucinazioni imperative); figlicidio di bambino indesiderato; figlicidio accidentale (il delitto è compiuto in preda a un gesto impulsivo conseguente alle urla del bambino); figlicidio per vendetta sul coniuge.
A questa classificazione si aggiungono categorie proposte da altri autori di cui elenchiamo le rilevanti categorie di Nivoli: figlicidio causato da un agire omissivo di madri passive e negligenti, che si verifica quando la madre non adempie adeguatamente alle necessità del figlio come il nutrimento, un adeguato vestiario e cure mediche, cagionandone il decesso con atteggiamenti passivi e omissivi. Madri che uccidono i figli trasformati in capri espiatori di tutte le loro frustrazioni. Sono i casi di madri generalmente affette da disturbi di tipo paranoide e delirante, che vedono il bimbo come la causa di una rovinosa esistenza. Madri che negano la gravidanza e fecalizzano il neonato.
Sono i casi di quelle madri che tentano di celare a tutti il proprio stato di gravidanza, ad esempio indossando abiti che dissimulano le forme, evitando la richiesta di cure mediche e partorendo in solitudine per poi liberarsi della prole, considerata un prodotto fecale, abbandonandola in bagni pubblici, discariche ecc. Madri che spostano sul figlio il desiderio di uccidere la propria madre: le componenti di tali casi sono in primis un’introiezione del desiderio di uccidere la propria madre e in seconda battuta lo spostamento di questa aggressività nei confronti del figlio.
di Antonella Marchisella
(Bibliografia: Madri che uccidono – V.M.Mastronardi, Matteo Villanova – Newton Compton Editori)