Uno scrittore ubriacone decide di suicidarsi a Las Vegas; qui fa la conoscenza di una prostituta. Tra i due scoppia un amore disperato.
Dal romanzo di John O’Brien, che si suicidò quando le riprese del film erano appena iniziate. Di Las Vegas parlano tanti film: per dirne uno, “Casinò” di Scorsese, contemporaneo di questo, ne sottolinea la spiccata volgarità. Qui si parla di tutt’altro, in un film che fa sfoggio della propria diversità in modo quasi intollerabile in certi momenti, ma comunque interessante nel descrivere le confuse piroette di due solitudini che si incrociano nel deserto.
La regia di Mike Figgis è a tratti esecrabile, con tutti quegli effettacci di rallenty e fast-forward e con almeno due brutti scivoloni (la quasi scena di sesso sulla sdraio, roba che neanche il peggior Adrian Lyne; e la scena di sesso finale nel motel) e un finale che si abbandona allo svacco. Ma, è questo è un indiscutibile merito del romanzo, i due protagonisti sono autentici disperati e non fascinosi maudit dal bicchiere facile che muoiono come si muore solo nei film.
Nicholas Cage (ben doppiato da Massimo Ghini), per quanto eccessivo sia l’Oscar per un personaggio che beve tutto il tempo e fa poco altro (qualcuno ha detto che l’ubriaco è il ruolo più facile per un attore), rende bene in immagini il disfacimento di Ben Sanderson; la vera rivelazione è la bellissima e straordinaria Elizabeth Shue, che, di fronte al cliché della puttana gentile, lo riadatta rendendolo credibile e coinvolgente. Le musiche, un jazz ora svelto ora tremendamente languido, sono dello stesso Figgis; le canzoni sono di Sting.
Mike Figgis, 1995
Recensione di Giuseppe Pastore
http://cinema-scope.org/2007/03/31/via-da-las-vegas-mike-figgis-1995/