Le cellule di ogni organismo umano possiedono tutte lo stesso materiale genetico, nonostante ciò sono in grado di differenziarsi e dare origine ad un tipo cellulare anziché un altro, con l’obiettivo di formare un organo o un tessuto rispetto ad un altro.
Se ogni cellula nasce con lo stesso corredo genetico di un’altra, allora cosa le consentirà poi di differire da un’altra? La risposta si trova nel processo chiamato differenziamento cellulare, responsabile dell’identità specifica di una cellula.
Il differenziamento cellulare consiste nella trascrizione (la tappa che consente a partire da un gene, di ottenere l’RNA messaggero) di specifici RNA messaggeri necessari per produrre proteine strutturali specifiche e peculiari di un dato tessuto. Prima che il differenziamento abbia luogo la cellula è una cellula staminale, in grado di proliferare in maniera indefinita, prima di arrestarsi ed andare incontro al suo destino di cellula differenziata.
Nel momento in cui la cellula inizia il differenziamento passa dalla fase G0 del ciclo cellulare alla fase G1, dove smette di proliferare ed inizia un processo irreversibile che porterà inevitabilmente alla sua morte, dopo un certo numero di divisioni cellulari responsabili del processo della mitosi.
L’inizio del differenziamento
Quando comincia il differenziamento cellulare quindi, si formerà una cellula del cuore, che sarà diversa da quella del fegato o della pelle, poiché in quella cellula del cuore saranno attivi dei geni che la faranno specializzare in un fenotipo anziché in un altro.
Questo meccanismo di regolazione genica contrariamente a quanto si può pensare, non avviene a livello del Dna, ma a livello dell’epigenoma, una capsula esterna che riveste il Dna e contiene tutte le caratteristiche necessarie per modificare il destino funzionale di una cellula.
E’dall’epigenoma che un team di ricercatori del Laboratorio di embriologia biomedica dell’Università di Milano, Tiziana Brevini e Fulvio Gandolfi di Unistem, sono partiti con l’obiettivo principale di modificare il programma di differenziamento di una cellula, per trasformarla in un altro fenotipo.
Il programma è stato reso possibile grazie all’utilizzo di una particolare molecola chiamata 5 aza-citidina, un farmaco attualmente utilizzato come cura per le leucemie, capace di rimuovere dal dna delle cellule già differenziate, i blocchi che ne impediscono l’accessibilità. Una volta superata questa fase è stato possibile riprogrammare il destino di quella cellula verso un fenotipo diverso: una popolazione di cellule prelevate dalla pelle sono state differenziate in cellule pancreatiche, capaci di sintetizzare i diversi ormoni pancreatici, a partire dall’insulina la cui carenza è causa di diabete.
Innovazione
La grande novità della ricerca descritta è l’assenza totale di ingegneria genetica per inserire frammenti di dna attivi, inoltre il protocollo applicato è risultato particolarmente stabile anche dopo il trapianto di queste cellule all’interno del pancreas di topi diabetici, dove i livelli di glicemia sono risultati nella norma.
Il lavoro italiano è stato pubblicato dalla rivista scientifica Pnas (Proceedings of the national academy of sciences, organo ufficiale dell’Accademia delle scienze americana), una delle riviste più prestigiose negli Stati Uniti. Tanta soddisfazione per il team di Milano, i quali fanno parte del Centro per la ricerca sulle cellule staminali dell’Università statale di Milano.
L’utilizzo di queste cellule riprogrammate è molto importante in quanto consentirà di mettere a punto dei test pre-clinici e farmacologici, riducendo di gran lunga l’impiego dei modelli animali sperimentali, fornendo quindi dati che possono essere direttamente applicati all’uomo.
di Alessia De Felice