(foto fonte web)
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Il film sulla vicenda della lavorazione di “Psycho” che si intreccia a quella personale del Maestro del Brivido.    

È cosa nota che da qualche anno a questa parte tra gli sceneggiatori di Hollywood serpeggia la sindrome della crisi della vena creativa. Fenomeni, poi, come la pirateria on-line, la diffusione del 3D, la crisi economica mondiale e il ritmo sempre più frenetico della produzione hollywoodiana, hanno fortemente ridotto la creazione di storie originali.

La soluzione più semplice per mandare avanti l’industria del cinema è quella di copiare idee qui e là; ed ecco quindi che da una decina d’anni stiamo assistendo alla trasposizione sul grande schermo di vecchie serie tv, testi letterari o teatrali, e infiniti remake, prequel e sequel.

La grande produzione

In questo dedalo di crisi di identità cinematografica, poche sono le strade alternative veramente interessanti. Una tra queste sembra essere il filone dei film biografici, ovvero quei film che raccontano la vita (o episodi particolarmente rilevanti della vita) di personaggi reali. E’ così che sono nati titoli come The Lady, Hugo, J. Edgar, A Dangerous Method, The Social Network, La Vie En Rose, Coco Chanel, The Queen, Into The Wild, Frida, Pollock, Prova A Prendermi, A Beautiful Mind, Erin Brockovich, Lincoln, The Iron Lady, Rush e Diana; molti altri ancora sono in cantiere, tra cui Mercury, film su Freddy Mercury la cui uscita è prevista il prossimo anno.

In questo mare di biopics, l’ultimo arrivato è Hitchcock, diretto dal regista inglese Sacha Gervasi. Il film è una versione romanzata del libro Alfred Hitchcock and The Making of Psycho (1990), in cui viene raccontato in dettaglio ogni aspetto della produzione del film più famoso di Hitchcock, incluso il rapporto con la moglie Alma Reville.

La trama

Siamo nel 1960, e Alfred Hitchcock è all’apice della sua carriera. Dopo il suo ultimo lavoro, Intrigo Internazionale, che pure ha riscosso grande successo, è alla ricerca di un soggetto nuovo, che sia capace di appassionarlo. Contro il parere delle major cinematografiche decide, su consiglio della moglie Alma Reville, di autofinanziarsi per realizzare un film horror, “Psycho”, tratto dall’omonimo libro di Robert Bloch pubblicato poco tempo prima.

Il libro è ispirato alla vicenda di Ed Gein, noto pluriomicida che proprio in quel periodo stava passando alla storia per i suoi crimini al limite dell’inverosimile. Come sempre, anche in questa mossa azzardata il “Maestro del Brivido” troverà a sostenerlo Alma, talentuosa spalla lavorativa e personale, che però vive esclusa sia dai riflettori che dalle note infatuazioni di Hitch per le attrici bionde.

Alma Reville, alias sig.ra Hitchcock

Il film “Hitchcock”, presentato come film d’apertura dell’American Film Institute Festival lo scorso novembre, non è in verità un biopic propriamente detto; “Hitchcock”, in un certo senso, prende solo a pretesto la lavorazione di “Psycho” per fare della relazione tra Hitchcock e sua moglie Alma il centro focale del film.

Tra i due c’era una vera comunione di intenti, anche se, vista dall’esterno, Alma troppo spesso era identificata semplicemente come sig.ra Hitchcock, e non come la colonna portante del successo artistico e personale del marito. In “Hitchcock” questo aspetto fondamentale del loro rapporto è molto ben rappresentato, e cita degli episodi realmente accaduti: ad esempio, è Alma che dà il consenso finale al marito per sceneggiare “Psycho”; è lei a scegliere gli attori protagonisti del film e che gli suggerisce di ipotecare la loro villa di Bel Air per finanziarsi da soli; è sempre lei che riporta la calma sul set quando il marito è assente per malattia; è infine lei l’unica che, quando nella famosa scena della doccia Janet Leigh giace a terra già morta, si accorge che si vede che l’attrice respira ancora e fa rifare la scena.

Alma era inoltre capace di placare le fobie e le insicurezze del marito, il suo atteggiamento bulimico verso il cibo, e in sostanza quella “certa ipersensibilità e instabilità emotiva del suo uomo”, come dichiarato in una recente intervista da Anthony Hopkins, che nel film ha interpretato il grande regista inglese.

Citando lo stesso Alfred Hitchcock, il rapporto tra i due può essere descritto da queste parole, dette durante il discorso di accettazione del premio alla carriera attribuitogli nel 1979 dall’American Film Institute: «Chiedo il permesso di citare per nome quattro persone che mi hanno dato più affetto, segni di apprezzamento, incoraggiamento e costante collaborazione. Il primo dei quattro è un film editor, il secondo è uno sceneggiatore, il terzo è la madre di mia figlia Pat e il quarto è il migliore cuoco, capace di miracoli in una cucina domestica. I loro nomi sono Alma Reville».

Forse è proprio questa la vera sorpresa del film “Hitchcock”: nonostante per Hollywood e per il pubblico ci fosse solo Hitch, il film è riuscito a rendere giustizia alla figura di Alma Reville, troppo a lungo rimasta nell’ombra.

Ai tempi d’oro del successo di Hitchcock, uno dei pochi che riuscì a capire come veramente stavano le cose fu George Bernard Shaw, il quale una volta, nell’inviare ad Alfred Hitchcock un suo manoscritto, scrisse sul destinatario: «Al marito di Alma Reville». D’altra parte, se nel 2003 anche l’unica figlia della coppia, Patricia, ha voluto scrivere un libro sulla madre -e non sul padre- (Alma Hitchcock: The Woman Behind the Man) qualcosa vorrà pur dire.

di Chiara De Angelis