Ricorre proprio in questi giorni il decennale della morte di una ragazza di 16 anni, uccisa brutalmente una calda giornata d’estate del 2003.
Erano le 18.30 circa a Mariano Comense (Co), in via dei Vivai, una strada sterrata che costeggia la stazione delle Ferrovie Nord. Un tragitto ben conosciuto dagli studenti come Teresa Lanfranconi, che la percorrono per andare alle vicine scuole. A quell’ora certamente meno battuta, ma non al buio, poiché si era in prossimità dell’estate.
Il delitto
Teresa è accoltellata alla gola, al petto e alla pancia. Due colpi le sono fatali nonostante tenti invano di difendersi lasciando segni sull’asfalto. La ragazza non muore subito: un pensionato e un operaio si accorgono di lei mentre è ancora viva. Tentano vanamente di soccorrerla ma quando arriva l’elicottero 118 ormai è troppo tardi. Pare abbia mormorato, prima di spirare: «Mi sento morire…» a malapena udito dai presenti.
Ha i pantaloncini da jogging abbassati, il che fa pensare ad una violenza. Teresa avrebbe compiuto 17 anni il 4 luglio.
I primi sospetti
Teresa era una bella ragazza di origini milanesi che viveva lì vicino con la sorella e gli zii; frequentava l’istituto linguistico commerciale del posto ed era solita percorrere quella maledetta stradina per tornare a casa. Dopo i primi dubbi sul fidanzatino della giovane, che però aveva un alibi, tre giorni dopo viene fermato un 19enne, Giovanni Gambino, di Anzano del Parco.
Giovane taciturno, amante dei videogiochi, già all’attenzione dei carabinieri per una precedente aggressione a sfondo sessuale.
Giovanni Gambino risultava assenta da casa già da alcuni giorni, come si evince dalla denuncia di scomparsa redatta dal maresciallo Luciano Gallorini, presso la Stazione dei Carabinieri di Erba. Vennero quindi messi in relazione i due fatti: il ritrovamento di Teresa e l’allontanamento del ragazzo.
Inoltre tempo prima già un’altra ragazza di 19 anni aveva fatto denuncia per un’aggressione subita nel sottopasso del centro commerciale a Erba.
Soltanto sei mesi prima…
Era dicembre e la prima vittima stava percorrendo il sottopasso quando venne aggredita: «Mi ha preso alle spalle e mi ha immobilizzata. Mi teneva ferma contro il muro. Non riuscivo a divincolarmi. Mi palpeggiava, sussurrandomi frasi terribili. Tipo: sei bella, ti tengo d’occhio da tempo; e poi: devi fare la brava, altrimenti t’ammazzo. Ha allentato per un attimo la presa, forse distratto da qualche rumore.
E sono scappata…», raccontò quando seppe di Teresa, ritenendosi decisamente fortunata. «Ho subito pensato a lui, a quel disgraziato. Troppi particolari sospetti. Il motorino scuro, l’attacco alle spalle, in un posto isolato, alla luce del sole. Il suo modo di agire».
Un testimone, infatti, anche per Teresa disse di aver visto allontanarsi un motorino.
L’autopsia chiarì che la studentessa venne colpita tre volte con un coltello probabilmente di medie dimensioni, vibrando i colpi con particolare violenza: ma quello alla gola le ha tranciato la giugulare.
L’arresto
Giovanni Gambino viene trovato a Gardaland mentre si trova sulla montagne russe. Qualcuno l’aveva notato in stato confusionale. Gli inquirenti ritrovano il giovane grazie al cellulare della vittima, che ancora aveva con sé e con il quale aveva chiamato casa. Il segnale ne aveva consentito la collocazione.
La borsa di Tersa, invece, senza il denaro, era stata rinvenuta alla stazione centrale di Milano.
Una testimone aveva affermato che l’aveva abbandonata lì un uomo alto; un’altra aveva visto un uomo imboccare la stradina proprio all’ora della morte di Teresa. Più di un elemento porta all’identikit di Gambino. Dalle telecamere di Peschiera del Garda si apprende che Giovanni Gambino è passato per la stazione, forse per prendere la navetta che porta a Gardaland: un sospetto poi rivelatosi giusto.
All’appello manca però l’arma del delitto. Nonostante ciò, per gli investigatori il caso è chiuso. E non appena si diffonde la notizia che il padre del giovane, un piastrellista di origini siciliane, si era opposto anni prima al ricovero del giovane presso una struttura protetta, scoppia l’ira dei parenti di Teresa con il tentativo di linciare l’uomo.
Finale di una storia triste
Un anno dopo, nel maggio del 2004, Giovanni Gambino è stato condannato in primo grado a condannato a 18 anni e quattro mesi di carcere per omicidio volontario aggravato dalla finalità di violenza sessuale.
La cosa strana è che è stato avvalorato il movente passionale, ma mai Gambino ha ammesso di conoscere Teresa; né ha mai chiarito cosa ha scatenato in lui il raptus. In secondo grado la pena è stata diminuita a 17 anni e otto mesi. Dopo aver trascorso pochi anni in carcere a Vigevano (Pavia) è ora nell’ospedale giudiziario di Castiglione delle Stiviere, a Mantova.
Su questa storia triste pesa anche il rifiuto, da parte dell’amministrazione comunale di Mariano Comense, di intitolare a Teresa la via dei Vivai, senza nemmeno una targa in memoria.
Tra qualche anno, forse, Giovanni Gambino tornerà in libertà come già avvenuto in altri casi simili.
di Paola Pagliari