La Svezia da paradiso a inferno
Il paradiso all’improvviso…non è più un paradiso. Basta, mollo tutto e vado a lavorare in Svezia. Queste parole, pronunciate anche da molti italiani negli ultimi anni, probabilmente non saranno più ripetute. Già, perché l’eden scandinavo è crollato, la società perfetta in cui tutti trovano lavoro e tutti vivono in armonia, si è rivelata una leggenda. Il disagio esiste anche a Stoccolma e la guerriglia delle scorse settimane ne è la prova.
Non ci si stupisca alla parola guerriglia: una settimana di edifici e auto bruciate, scontri violenti tra cittadini e forze dell’ordine, tredici città coinvolte, un morto e centinaia di feriti. Quello che è accaduto per le strade di Stoccolma e nelle altre città del Paese è più di una rivolta popolare.
Il fatto
Gli scontri sono partiti una domenica notte, il 19 maggio, quando un uomo di 68 anni è stato ucciso con un colpo di pistola da un poliziotto nella cittadina di Husby. L’agente si è subito difeso dicendo che la vittima brandiva un machete ed era pronta a usarlo contro di lui. Alla notizia della morte dell’uomo (di cui tutt’ora non si sa nulla, se non l’età), i cittadini di Husby hanno invaso le strade, dando il via agli scontri con le forze dell’ordine.
I tumulti si sono poi espansi fino a raggiungere la capitale Stoccolma e le altre città svedesi. L’omicidio non è stato che la goccia che ha fatto esplodere la rabbia di un popolo che non vive un’esistenza rosa e fiori come è credenza diffusa all’estero (Italia compresa): in Svezia è ormai diffusa una preoccupante disoccupazione giovanile e un forte senso di disagio dei migranti, provenienti da tutto il mondo con il sogno svedese in testa. Una visione onirica simile a un paradiso, che nella settimana di guerriglia si è rivelata un gigantesco inferno.
Giovani disoccupati e migranti sull’orlo della miseria: sarebbero questi in maggioranza i protagonisti degli scontri che hanno incendiato (in senso neanche troppo figurato) la Svezia.
Riduzioni
Ma la storia non può partire dall’omicidio di Husby, il prologo di questa brutta faccenda risale al 2006, anno in cui l’attuale governo socialdemocratico è salito al potere. Il presidente Reinfeldt ha infatti adattato il proverbiale welfare svedese su posizione economiche del tutto liberiste, sulla scia degli Usa e del Regno Unito. Ne è conseguito un taglio alla spesa pubblica, una riduzione di salari e servizi sociali, una privatizzazione di istruzione e sanità. Tutto a scapito dei lavoratori meno abbienti e dei disoccupati.
Oltre al lato economico, anche il razzismo starebbe diventando un problema per il Paese scandinavo, con il partito xenofobo che nel 2010 è riuscito per la prima volta a entrare in parlamento. «La discriminazione non è sempre legata al razzismo» fa notare la scrittrice Nima Sanandaji, mentre non la pensa allo stesso modo Ghamari Hamid, istruttore in una palestra, che afferma: «La disoccupazione è solo una delle tante cause, i giovani si sentono isolati, lasciati ai margini». Entrambe le dichiarazioni – la prima di una cittadina di origine curda, il secondo di origine iraniana – sono state registrate dal quotidiano La Repubblica.
Da paradiso a inferno
Che ci sia alla base uno sfondo razzista o che si tratti del disagio disperato di una popolazione che si aspettava un paradiso e ha trovato un inferno, resta il fatto che anche in Svezia, così come in altri paesi europei dove recentemente sono esplose (più o meno) piccole guerriglie, comincia a esserci qualcosa che non va.
C’era del marcio nella ridente Francia di Sarkozy, dove l’esercito ha dovuto reprimere le rivolte nelle banlieues parigine. C’era del marcio nell’Inghilterra di Cameron. C’era del marcio nell’Italia della rivolta dei migranti che raccoglievano agrumi e venivano trattati come schiavi a Rosarno. Tutte notizie a cui abbiamo dato scarsa importanza, tutte notizie che ritornano, in vesti differenti, in ogni Paese europeo. Ora, il marcio, tocca alla Svezia.
Non si può pensare che il capitalismo esasperato possa portare sempre a ottimi risultati, né che il profitto a ogni costo sia esclusivamente un impulso per la crescita.
Il vero welfare dovrebbe garantire dignità e possibilità di lavoro a ogni cittadino. Altrimenti si continuerà a vedere ricchi sempre più ricchi (e sempre meno, in termini numerici) e poveri sempre più poveri che invece cresceranno a dismisura. E ogni paradiso terrestre – Svezia compresa – si trasformerà in un inferno.
di Luca Romeo