L’emergenza è l’emblema dell’Italia che cola a picco. È l’epifenomeno del cancro che sta svuotando le istituzioni del Paese. A Roma l’emergenza rifiuti inizia nel 1999, a Palazzo Chigi c’è D’Alema, al Campidoglio Rutelli.
ROMA COME NAPOLI? SE SI PARLA DI RIFIUTI, LE ANALOGIE NON MANCANO. A partire dalla logica dell’emergenza, gestita nel tempo dai diversi schieramenti politici: incapaci di assumersi responsabilità ma bravissimi ad alimentare clientele e spartizioni. In Campania, scendendo a patti con i monopolisti locali, spesso imprenditori al servizio dei clan.
Nel Lazio, affidandosi al solo e potente monopolista locale – l’avvocato Manlio Cerroni – lontano dagli ambienti del crimine organizzato ma unica ancora di salvataggio per milioni di cittadini. Proprio come Napoli e il resto della regione, Roma e il territorio laziale hanno già vissuto anni di commissariamento, dal 1999 al 2008, e ora sono ripiombati in pieno allarme con la paura di un disastro come quello partenopeo.
E nonostante i politici romani ripetano che certe scene di degrado viste alle pendici del Vesuvio siano impensabili, emerge che l’unica differenza tra le due metropoli, in questi anni, è stata Malagrotta, la mega discarica alle porte della città. E il ruolo giocatodal suo proprietario, Manlio Cerroni, appunto, che ha garantito tre decenni di tranquilla (e redditizia) convivenza con il pattume. Senza la cloaca dell’avvocato, Roma sarebbe affondata tra la monnezza.
Ma ora Malagrotta è prossima alla chiusura, a fine giugno del 2012 i suoi cancelli verranno definitivamente serrati e gli scenari sono difficili da prevedere. L’inchiesta ricostruisce tutti i passaggi – molti dei quali sconosciuti – che hanno trascinato Roma sull’orlo dell’emergenza. Attraverso documenti, interviste e atti della magistratura in queste pagine si delinea un quadro inquietante che coinvolge molti protagonisti delle istituzioni e della scena pubblica.
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Manuele Bonaccorsi , Ylenia Sina , Nello Trocchia
casa editrice: Castelvecchi