(foto fonte web)
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È bello pensare che in alcune parti del mondo esista ancora chi ha la possibilità di uscire dalla propria abitazione lasciando le chiavi nella toppa, in bella vista ai passanti. Esistono luoghi che potremmo definire fuori dal mondo, piccoli agglomerati urbani in cui la vita scorre serenamente, lontana dal progresso e da tutto ciò che di buono e di cattivo esso comporti.

Enego

Poco più di un migliaio d’anime “non contaminate”, avvolte da quella tranquillità provinciale in cui tutto sa di casa: amori, gioie, dolori e dissapori sono difficili da nascondere dentro queste realtà. Piccole comunità come grandi famiglie. La vita scorreva cosi anche a Enego, in provincia di Vicenza, fino a quella tragica notte del 17 novembre 2005 in cui tutto cambiò per sempre. Lo definiscono uno dei delitti più atroci nella storia dell’Altopiano dei Sette comuni; quella notte la mano sconosciuta e spietata di un assassino senza alcuna pietà ha martoriato i corpi dei coniugi Miola.

Caccia all’uomo

Domenico, ex sindaco di Enego, ottantatré anni e la moglie Angela Valle, settantottenne maestra in pensione: sono trascorsi parecchi anni ma gli sforzi delle forze dell’ordine e dei magistrati impegnati sul caso non hanno portato a nessuna svolta importante. È vana la caccia all’uomo che nel buio di quella notte d’autunno riuscì a distruggere barbaramente la vita di una coppia ben voluta da tutti, cambiando le sorti di una comunità da quel dì spaventata. Secondo una possibile ricostruzione dell’accaduto quell’ombra nera si sarebbe introdotta furtivamente sotto al porticato dell’abitazione dei coniugi Miola, forse con l’obiettivo di una rapina, ingolosito da un facile bottino; all’interno dell’abitazione “solo” i due “poveri pensionati”, poi forse il possibile imprevisto.

Ferocia

L’uomo potrebbe essere stato sorpreso furtivamente e da lì la colluttazione prima della furia omicida. Una ferocia inaudita, un massacro a colpi di spranga che non risparmiò marito e moglie. I corpi ritrovati il giorno dopo da un vicino di casa si presentavano tremendamente sfigurati.

Il vecchio testimone racconterà il triste rinvenimento; Domenico stava con la testa completamente fracassata mentre Angela riversa di schiena in un lago di sangue, la casa completamente a soqquadro, cassetti aperti e svuotati, un manicomio. L’assassino frugò ovunque, anche se le supposizioni degli investigatori indicarono la rapina come un possibile tentativo di sviare le indagini.

Nell’immediatezza del fatto, in considerazione anche delle caratteristiche logistiche del paese in cui è avvenuto il delitto, gli investigatori ritennero di poter arrivare a una svolta in brevissimo tempo, ma non fu cosi. Nessuno vide o sentì nulla, un individuo sospetto, un viso sconosciuto, una macchina mai vista prima, una moto, nulla di nulla.

È stata una sera come tante per gli abitanti di Enego, ogni cosa è andata come sempre, tranne che all’interno di casa Miola. La strada investigativa dunque si fa subito in salita. Alcune considerazioni e analisi, come ad esempio la certezza che l’assassino conoscesse bene le abitudini di marito e moglie, porteranno gli inquirenti a battere la pista interna del paese; una scelta ostica ma che ha il suo perché.

Rilevazioni dei RIS

Nell’abitazione imbratta di sangue interverranno anche i Ris di Parma senza rilevare alcun elemento degno di nota sulla scena del crimine, se non fosse per l’arma del delitto, la spranga, e un importante impronta digitale evidenziata durante il sopralluogo. Passerà circa un anno e mezzo prima che la procura di Bassano gridi indirettamente le proprie supposizioni investigative, mediante un’attività che ha dell’incredibile: rilevare le impronte digitali dell’intera popolazione maschile di Enego.

Nessuno è stato esentato da tale archiviazione, anche personaggi impensabili, come il sindaco novantaduenne o il parroco della zona. Oltre 900 le impronte raccolte. Questo lavoro lungo e certosino porterà solo a un probabile riscontro positivo.

L’impronta dell’imbianchino del paese risulterebbe essere compatibile con quella ritrovata nella villetta. Immediatamente inserito nel registro degli indagati, l’uomo si giustificherà dichiarando di essere entrato in quella casa per l’ultima volta nel 2001 per ritinteggiare le pareti e di non essere mai più tornato all’interno dell’appartamento.

I biologi dei Ris nutrirono seri dubbi circa la possibilità che quell’impronta, a loro avviso fresca, potesse risalire al 2001, ma successivi studi potranno effettivamente verificare, la possibilità che un’impronta perduri anche per dieci anni in determinate condizioni e per tanto le accuse, si sbricioleranno a poco a poco. Saranno cinque in definita i maggiori indagati per questa vicenda ma contro nessuno sarà possibile trovare elementi tali da poter sostenere un’accusa in giudizio.

Il caso purtroppo andrà  incontro ad archiviazione. Un delitto insoluto e tanta rabbia. Da quel giorno terrificante anche nella cittadina di Enego è necessario chiudere la porta a chiave prima di uscire e la notte, prima di andare a dormire, dubitare del buio guardando fuori dalla finestra.

di Alberto Bonomo