È solo di ieri la notizia delle perquisizioni in tutta Italia nei confronti degli Anonymous, ormai celebri hacker che chi hanno abituato ad attacchi spettacolari ai siti web delle più importanti istituzioni.
Si tratta degli stessi che hanno reso pubbliche le trascrizioni di alcuni “pizzini” trovati nel 2007 in occasione dell’arresto del boss di Cosa Nostra Salvatore Lo Piccolo e del figlio Sandro: una “caccia al tesoro” sui generis tra gli archivi dei leaks.
Scientifica al lavoro
L’arresto dei capi-mafia avvenne nella villetta di proprietà dei Lo Piccolo situata nella periferia di Palermo, all’interno della quale, precisamente nel pozzetto della fossa biologica, sono stati recuperati i “pizzini” in questione.
Il lavoro della polizia scientifica ha permesso, dopo un’accurata ricostruzione dei vari frammenti, di decifrare i messaggi scritti per mano dei Lo Piccolo. I “pizzini” vengono sequestrati e acquisiti come una vera e propria testimonianza dell’esistenza di un’operazione nota sotto il nome di “estorsioni spa”.
Il boss di Cosa Nostra, avvalendosi della collaborazione di estorsori celati dietro svariati pseudonimi, aveva messo in moto un circolo capace di piegare gli imprenditori di Palermo e contemporaneamente gestiva una “succursale” milanese di traffico di cocaina.
L’identità
Attribuire un’identità ai collaboratori del boss ha richiesto da parte degli inquirenti un lavoro certosino, un viaggio tra nomi in codice: «Chiù chiù, ciliegia, lupo il lungo, elefantino, Presidente, ciak, scuro, sculuruto, colomba, Spagna, fratellone, mercedes» che si è concluso con l’arresto avvenuto nel 2008.
Curioso è pensare come a tradire la logica omertosa mafiosa, sia stato un sistema di comunicazione scritto che non è riuscito a passare inosservato davanti agli occhi e agli strumenti delle indagini scientifiche. Forse i membri di Cosa Nostra, oltre alla moralità e al senso di giustizia, ignoravano anche la massima “verba volant, scripta manent”.
di Roberta della Torre