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Il diritto alla casa non è più un diritto. La costituzione ne parla all’articolo 47, quando afferma che «La Repubblica (…) favorisce alla proprietà dell’abitazione». La questione venne liquidata dai nostri padri costituenti in una riga, che dopo essersi concentrati sull’allora più importante diritto al lavoro, ritennero quello alla casa un diritto scontato. Così non era, così non è oggi, soprattutto dopo la crisi economica che ha investito l’Europa.

In Spagna

Negli ultimi giorni, un dato che allarma i cittadini a rischio sfratto arriva dalla vicina Spagna. Nel Paese iberico si parla di 400 mila abitazioni pignorate negli ultimi quattro anni. Tradotto: oltre 250 sfratti al giorno. Di queste rimozioni coatte, l’83% si applica su famiglie costrette a lasciare la casa perché senza disponibilità economiche per pagare l’affitto.

Non finisce qui: in Spagna, infatti, non è sufficiente restituire l’immobile allo Stato, è necessario versare un’ulteriore somma alle casse pubbliche per poter considerare davvero estinto il debito. Questa legge ha portato a numerosi suicidi nel Paese, ma ciò non è bastato per cambiare in modo consistente la legge. Dopo le pressioni e le tante proteste della Pah, la Plataforma de Afectados por la Hipoteca (piattaforma per le vittime dell’ipoteca), si è riusciti ad arrivare a una proposta di legge popolare, avallata da un milione e mezzo di firme.

In Italia

Tra i nuovi vantaggi per i cittadini in difficoltà, c’è un freno agli sgomberi esecutivi, tuttavia il governo non ha consentito l’eliminazione della tassa che gli sfrattati devono pagare dopo la restituzione dell’immobile. Va da sé che a queste condizioni, la situazione spagnola resta grave e vacillante.

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Dalla Spagna all’Italia, i chilometri non sono molti e purtroppo neanche le differenze tra le problematiche sociali. Anche qui, dopo la crisi economica del 2008, il diritto all’abitazione è diventato un optional e in ogni città italiana si moltiplicano gli sfratti; ben 63 mila solo nel 2011, mantenendo una media di 176 sfratti al giorno. La stragrande maggioranza di questi, è avvenuta per la cosiddetta ‘morosità incolpevole’, cioè perché gli abitanti non hanno più soldi per pagare gli affitti. Si capisce che la situazione è molto simile a quella spagnola.

Soluzione?

In ogni città italiana sono sorti negli ultimi anni comitati antisfratto, i quali cercano di trovare soluzioni per i senzacasa, organizzano picchetti per limitare gli sgomberi coercitivi e propongono nuove idee per occupare spazi sfitti.

Interessante, da questo punto di vista, il progetto di housing sociale messo in atto a Torino. Qui, dal settembre del 2011, un vecchio palazzo abbandonato che era la sede delle poste è stato sistemato e trasformato in un vero e proprio albergo sociale. Dentro, sono stati creati dei posti letto per chi è rimasto senza un’abitazione, ma anche per chi si trova in città per pochi giorni e non vuole spendere troppo negli hotel.

Nell’edificio, sono stati sviluppati col tempo numerosi servizi: da una biblioteca pubblica (con collegamento internet gratuito) a un ristorante, passando per uno spazio adibito al doposcuola per i bambini e per un poliambulatorio con servizi dentistici. I prezzi, ovviamente, sono molto contenuti.

Le persone senza abitazione, in Spagna come in Italia, sono ormai troppe. Che fare? Non ha alcun senso sapere che ci sono edifici disabitati e lasciare che qualcuno sia costretto a vivere per strada. Le idee sarebbero molte, basta trovarne l’applicazione. Il modello di housing sociale torinese insegna, l’esperienza potrebbe essere ripetuta anche nelle altre città, magari anche solo nelle stazioni ferroviarie, un tempo abitate dai capi-stazione, oggi abbandonate a loro stesse.

Viene in mente il finale di un vecchio film con Bud Spencer e Terence Hill, in cui uno dei due attori dice di voler tornare a casa e l’altro risponde: “Beato te che ce l’hai una casa”. Le cose non sono cambiate, solo che adesso non c’è nulla da ridere.

di Luca Romeo