Peter Kurten: il Vampiro di Dusseldorf
Naturale o soprannaturale?
L’atavica paura da parte dell’uomo per la morte ha sempre preso forma, nelle sue più morbose fantasie, in una schiera di creature soprannaturali e malevoli come vampiri, fantasmi, mostri e morti viventi.
Il mito del “moderno” vampiro nasce con il cinema, ma le leggende popolari su queste tematiche sono molto più antiche e radicate nell’immaginario collettivo.
Il Vampirismo nella casistica psichiatrica è molto lontano dal clichè tradizionale che vede i vampiri come delle creature notturne e solitarie in cerca di giovani donne da mordere sul collo e da trasformare a loro volta in vampiri.
Oggi il Gris (Gruppo di ricerca socio religiosa) lancia un preoccupante allarme “Il vampirismo dilaga tra i ragazzi, i genitori sono sempre più preoccupati. ” I ragazzi di oggi, anche grazie all’enorme diffusione cinematografica e televisiva del filone vampiresco, sono sempre più interessati a questo mondo. I vampiri sono rappresentati come personaggi affascinanti e ambigui e non vengono riconosciuti come negativi.
Il caso
Spesso la mitologia vampiresca si è intrecciata con la realtà criminale come nel caso di Peter Kurten il Vampiro di Dusseldorf. Peter Kurten si guadagnò tale appellativo perché amava bere il sangue delle sue vittime. Nacque in Germania nel 1883. Le sue terrificanti deviazioni mentali furono il risultato di una infanzia infelice.
Da ragazzo prendeva a calci e strangolava gli scoiattoli, inoltre torturava a morte i cani che riusciva a catturare. All’età di nove anni contribuì alla morte di due ragazzi in un incidente di barca. Fin da adolescente cercava di avere rapporti sessuali con capre e pecore, che accoltellava nel momento dell’orgasmo.
Era un violento e un sadico sessuale, ma non in famiglia. La moglie non sospettò mai di nulla, reputandolo un uomo buono e mite. Peter Kurten è sempre stato lucido nelle sue azioni al punto che diede alla polizia una accurata descrizione dei 77 crimini che aveva compiuto nell’arco di dieci anni.
Amava spesso tornare sui luoghi dei suoi delitti per ricordare meglio le scene delittuose e riprovare lo stesso piacere e lo stesso orgasmo. Il suo ultimo desiderio era “sentire il mio sangue sgorgare dal mio collo dopo essere stato decapitato”. Questo desiderio venne esaudito con la sua condanna a morte avvenuta il 2 luglio 1931.
Risposte al vampirismo
Dare una risposta al perché di un comportamento simile non è semplice e le teorie psichiatriche che hanno tentato di dare una spiegazione sono molteplici e a volte tra loro discordanti.
Di norma però il vampirismo viene definito come «un periodico e compulsivo bisogno di bere sangue umano» e gli studiosi sono concordi nel considerare che quasi sempre dietro il fenomeno si celi una grave psicopatologia, un grave disturbo psichiatrico.
Sul vampirismo si soffermano anche i testi di criminologia che affrontano le tematiche dei serial killer. Molti di loro, infatti, dopo l’uccisione della vittima, ne bevevano il sangue e ne mangiavano le carni. Per questi “vampiri”, il fenomeno si sovrappone ad un altro grave disturbo psicopatologico del comportamento umano: la necrofilia, cioè il desiderio di ingerire la carne di persone morte.
Tutti i vampiristi che sono giunti sulle pagine della cronaca, hanno in comune l’abitudine, appresa fin da bambini, all’autovampirismo, cioè si ferivano e succhiavano il loro stesso sangue e inoltre erano affascinati dalla vista del sangue e dal commettere atti di crudeltà, che esercitavano soprattutto verso gli animali.
La testimonianza
Ecco ciò che ha raccontato un vampirista: «Ho amato la vista ed il sapore del sangue per tutta la mia vita. Per questo leccavo i miei graffi e mi tagliavo. Avevo l’abitudine di staccare la testa agli uccelli e bere il loro sangue.
Da bambino staccai con un morso la testa di un porcellino d’India e ne succhiai il sangue; un’altra volta feci lo stesso con una gallina, ne raccolsi il sangue con la mano e lo bevvi.
Per procurarmi il sangue mi taglio da solo: il sangue mi rilassa e penso che se me ne potessi procurare regolarmente una certa quantità sarei a posto…E’ la sensazione del sangue dentro di me, non il suo sapore, ciò di cui ho bisogno.
Mi piacerebbe succhiare il sangue di un’altra persona, ma finora non ho ancora programmato come realizzare quest’idea».
Questi soggetti, di norma, sono affascinati anche dalla morte per cui la ricerca del sangue è solo un passaggio intermedio prima di arrivare allo stadio di assassini.
D’altra parte, per disporre del sangue devono disporre di un cadavere e quindi devono uccidere. Bere il sangue non offre al “vampiro” una particolare eccitazione sessuale. Bere il sangue non è un atto che sostituisce la sessualità, soddisfa solo desideri primitivi, infantili, come il bisogno si bere, di mangiare e di sentire il piacere dell’ingestione del “cibo caldo”.
di Francesca De Rinaldis