La struttura costruita nel ventennio fascista va messa in sicurezza
Arrivati di fronte lo stabile numero 136 di Viale Adriatico, un uomo ci chiede subito cosa vogliamo. E’ Roberto Fimiani, il ligio custode della palestra Agnini, abituato a chiedere il permesso al Presidente del Municipio Cristiano Bonelli se far passare o meno i visitatori. Già perché dopo il via libera, il percorso all’interno della struttura diventa una vera e propria visita guidata degli orrori, con alto rischio infortuni.
Cominciando dalla palestra dove si allenano i ragazzi in tutte le ore del giorno convincendo Fimiani a chiudere ogni sera a mezzanotte, i muri stanno cascando a pezzi. L’intonaco è ormai visibile solo in cartoline degli anni ’70; il pavimento in plexiglass è tappezzato da stracci e secchi di fortuna in corrispondenza delle falle sul tetto attraverso le quali entra l’acqua.
I vetri sulle pareti più alte sono rotti e al centro della palestra è stato posto un telo enorme per impedire ai giocatori di bagnarsi nonostante sia una struttura interna. Percorrendo i corridoi dello stabile, il custode ci rivela che questo è stato fatto costruire da Benito Mussolini nella prima metà del ‘900 per ospitare orfani di guerra e figli abbandonati nella chiesa oggi sostituita dalla posta. Arriviamo nei bagni dopo aver osservato che le porte antincendio sono bloccate dai banchi per impedire che si sbriciolino.
Le docce sono pervase da un fortissimo odore di orina e gli intonaci sono stati mangiati dalle infiltrazioni; le mattonelle sono state divelte o consumate dal tempo. La galleria degli orrori prosegue nella parte superiore dove troviamo un’ampia sala riunioni completamente ammuffita nel soffitto e nelle pareti. L’aula dà sulle scale antincendio tramite una porta ormai senza più cardini: appena tocchiamo gli stipiti, a terra crolla un pezzo di 50 centimetri di muro.
Dal piano più alto si erge dinanzi a noi uno spettacolo desolante: quello che il Duce aveva pensato come luogo di benessere con piscina, spogliatoio e sale per massaggi è ormai una latrina dove i padroni di casa hanno le zampe palmate. «Questo tragitto – ci spiega Fimiani – è usato dai ladri per accedere all’interno delle poste prese spesso di mira negli ultimi anni per l’assenza di controlli notturni e di porte difficili da scassinare».
Il paradosso della situazione è che nonostante le pessime condizioni nelle quali versa lo stabile, ogni volta che muore un personaggio pubblico, la Regione manda un fax al custode chiedendogli di abbassare a mezz’asta la bandiera italiana. Peccato sia posta a 3 metri da terra e Fimiani abbia difficoltà a camminare, figuriamoci a salire su una scala che in ogni caso non c’è.
Mentre stiamo per lasciare la struttura notiamo una palma abbattuta dall’ormai celebre punteruolo rosso e il figlio del custode, Cristian aggiunge: «è lì da 15 giorni nonostante l’abbiano abbattuta 2 mesi fa, aspettiamo che qualcuno dalla Regione la venga a prendere. Meglio dell’albero che cresceva tra la palestra e la posta che rischiava di cadere ogni giorno rischiando di uccidere qualche passante: dopo anni di dondolio è cascato nel nostro cortile per fortuna senza fare danni». Almeno per ora, senza fare danni.
di Daniele Pellegrino