Il prossimo 8 maggio, a esattamente 35 anni di distanza dal rapimento e dall’assassinio di Aldo Moro, verrà presentata ufficialmente l’opera di Michele Di Sivio
Nessuna parola potrà mai spiegare l’agonia e le sofferenze di 55 giorni di prigionia. Ma chi più dell’attore principale può far conoscere al grande pubblico i timori e i dubbi relativi all’incertezza di un destino saldo nelle mani di qualcun altro? Le undici lettere di Aldo Moro, scritte durante quei terribili giorni sotto sequestro delle Brigate Rosse, sono consultabili presso l’Archivio di Stato di Roma, dove sono arrivate il 9 maggio 2011 dalla Corte d’Assise di Rebibbia proprio nell’anniversario dell’assassinio, scelto come giornata della memoria delle vittime del terrorismo.
Il profondo di lavoro di restauro dell’Icpal (indispensabile vista la pessima qualità della carta) ha reso possibile la consultazione dal maggio scorso. A queste sono state aggiunte altre tre lettere originali, mai mostrate prima, e scoperte da Michele Di Sivio tra gli atti del processo sul sequestro.
Tutto il materiale epistolare è consultabile nel libro di Di Sivio, “Le lettere di Aldo Moro, dalla prigionia alla storia”, nel quale sono presenti immagini in alta definizione degli scritti: la presentazione ufficiale è fissata per il prossimo 8 maggio presso la Biblioteca Alessandrina dell’Archivio romano. Le tre lettere “inedite”, per un totale di 15 pagine, erano destinate all’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga e al segretario della Democrazia Cristiana Benigno Zaccagnini.
La prima in particolare, secondo Di Sivio, rappresenta un documento di eccezionale importanza: diviso tra la questione delle trattative per la sua liberazione e l’impossibilità di rivelare segreti di stato e notizie riservate, Moro riassume molti dei suoi pensieri e delle sue azioni, passate e future. La terza lettera invece è la più toccante.
I segni delle lacrime ancora visibili sui fogli, e quelle spiegazzature degli angoli come se stesse scrivendo appoggiandosi sulle ginocchia, lasciano pensare a un uomo che abbia ormai accettato il suo destino, rassegnato all’inevitabile fine: “Siamo quasi all’ora zero: mancano più secondi che minuti. Siamo al momento dell’eccidio” scriveva Moro il 24 aprile.
Solo 20 giorni prima lamentava il peso che la D.C. avrebbe dovuto sopportare: “Se non avessi una famiglia così bisognosa di me, sarebbe un po’ diverso. Ma così ci vuole davvero coraggio per pagare per tutta la D.C., avendo dato sempre con generosità”. È ancora presto tuttavia per scrivere la parola fine su questa dolorosa vicenda.
Solo quattordici delle ventotto lettere originariamente recapitate dalle Brigate Rosse sono consultabili: un numero deficitario per delineare i contorni di ciò che successe, ma più che sufficiente per assaporare i conflitti e i tormenti dell’uomo Moro.
di Nicola Guarneri