Già nell’antichità l’amore per una donna poteva rovinare la vita agli uomini. I triangoli amorosi sono numerosi e talvolta gli implicati sono più di tre. Nel caso di Ermione ad esempio entrambi gli spasimanti finirono beffati da un dio, Diomede. Ma andiamo con ordine: figlia di Menelao e di Elena, Ermione viene abbandonata a soli nove anni, quando la madre scappa a Troia con Paride, scatenando la famosa guerra. Secondo Omero, durante gli anni del conflitto Menelao promette Ermione a Neottolemo, il figlio di Achille, dimenticandosi che la figlia era già promessa ad Oreste, il figlio di Agamennone.
Terminata la guerra Ermione si ritrova così con due spasimanti. La prima battaglia è vinta da Neottolemo, che la prende in sposa; Oreste in quel periodo era perseguitato dalle Erinni e colpito da una maledizione, così agli spartani parve più giusto concedere la donna al figlio di Achille. Dopo la celebrazione del matrimonio Ermione si rivela essere sterile; Neottolemo parte quindi per interpellare l’oracolo di Delfi circa la sterilità del proprio matrimonio.
Arrivato ai piedi dell’altare si imbatte in Oreste che cerca di ucciderlo: solo l’intervento del dio Apollo, che sa che la fine di Neottolemo deve avvenire per mano di qualcun altro, salva la vita al giovane. Il figlio di Achille torna quindi all’oracolo dove scopre che i sacerdoti del tempio stanno consumando le carni di bue che lui stesso aveva portato come sacrificio; non sapendo che fosse usanza per i sacerdoti consumare le offerte all’oracolo, si scaglia contro uno di loro, tale Macherio.
Lo scontro è parecchio violento e alla fine prevale il sacerdote, che uccide Neottolemo con il suo coltello sacrificale. Ermione, ora vedova, si sposa con Oreste e grazie al sacrificio dell’ex-marito ritrova la fertilità perduta, generando un figlio, Tisameno. La promessa sposa sopravvive anche al secondo marito, che muore in seguito al morso di un serpente velenoso; nuovamente vedova, Ermione si sposa per la terza volta scegliendo il dio Diomede, che le regala il dono dell’immortalità.
Alla fine, vincono sempre gli dei.
di Nicola Guarneri