1980, Texas: uno psicopatico dà la caccia ad un reduce del Vietnam che ha trovato per caso una valigia piena di soldi. Sulle sue tracce provano a mettersi la polizia e anche un detective privato.
Il ritorno dei fratelli Joel e Ethan Coen a livelli d’eccellenza assoluta arriva con quello che è il loro miglior film, superiore anche alle perle storiche della loro collezione (per chi scrive “Crocevia della morte”, “Fargo” e “L’uomo che non c’era”).
Partendo dal romanzo di Cordac McCarthy i Coen confezionano un film radicalmente spaccato in due: la prima parte, che copre oltre i tre quarti del film, è semplicemente una lezione di suspense, il più bel thriller contemporaneo, fondato sul predominio assoluto dell’azione sulla parola e di mirabile secchezza nella creazione genialmente scientifica della tensione, senza una singola nota di commento musicale; la seconda, in tutto venti minuti alla fine, è però la più preziosa, perché in essa sono custoditi il sugo della storia e il senso ultimo dell’intera esperienza artistica coeniana: anche nei suoi aspetti più avventurosi, pericolosi e romanzeschi, sia comici che tragici, la vita conserva un’indelebile banalità di fondo con la quale non si può che convivere senza chiederne una spiegazione; perché la spiegazione, ammesso che ci sia, è del tutto inutile.
Javier Bardem si mette l’Oscar in tasca dando vita a un cattivo di cui si parlerà ancora tra quarant’anni come ultimo esponente di una galleria che va dal mostro di Dusseldorf a Hannibal Lecter; ma c’è di più. Magari è solo una coincidenza, ma erano decenni che il cinema americano non sfornava contemporaneamente due film come questo e “Il petroliere”, che hanno in comune una griffe registica finalmente riconoscibile e un’immensa statura morale che li rende autorevoli.
E se uno dei due – come sembra – vincerà l’Oscar, la svolta avrà contagiato persino l’insospettabile Academy.
Non è un paese per vecchi
(Ethan e Joel Coen, 2007)
genere: Thriller
http://cinema-scope.org/
recensione di Giuseppe Pastore