Nessuno spiraglio di luce nella macabra vicenda che lo scorso 14 marzo ha sconvolto il centro di Palvotrisia, piccola frazione di Castelnuovo Magra. Paradossalmente con il passare del tempo la nebbia fatta di interrogativi non accenna a diradarsi e la storia si colora sempre più di mistero.
Marisa Monchi era un’anziana pensionata di 77 anni, a scoprire il suo cadavere la figlia Marina accorsa trafelata presso la villetta di famiglia in cui la donna, vedova da alcuni anni, risiedeva. La piccola criminalità si accanisce contro gli anziani, la cronaca è solita raccontare di furti o rapine finite male ad opera di balordi ingolositi da bottini facili, conquistabili semplicemente abbattendo le resistenze di fragili corpi logorati dal tempo. Purtroppo la scena del crimine di Palvotrisia disegna qualcosa di molto più complesso.
In casa non manca in concreto nulla e quella donna riversa sul pavimento del tinello non è morta esclusivamente nel vano tentativo di difendere i propri risparmi. La mano destra mozzata, la sinistra brutalmente sfregiata, le pareti tempestate di schizzi ematici, tantissimo sangue in ogni dove. Giungono i carabinieri, gli uomini della sezione scientifica dell’arma, anatomopatologo e il pubblico ministero Luca Monteverde; l’esperienza insegna che i particolari devono essere analizzati attentamente senza tralasciare nulla ma quella casa non può essere solo il teatro di una rapina finita male.
Alcuni indizi, verosimilmente lasciati dall’assassino, sembrerebbero lanciare un messaggio, un significato ben preciso ma ancora non decifrato dagli investigatori o in alternativa rappresentare gesti sconnessi di un folle. Una striscia di caramelle riposta sotto il corpo, tra infiniti frammenti di vetro un vecchio ritratto della donna all’interno di una cornice sconquassata usata per colpirla; un inquietante gallo ucciso nel pollaio. In massoneria ad esempio il pennuto annuncia la Luce che sta per ricevere il Recipendiario.
E’ il segno esoterico di questa Luce, con il suo canto, annuncia il sorgere della Luce e la fuga delle forze malvage. Durante l’iniziazione avverte l’iniziando delle tenebre in cui è avvolto il suo essere. L’inchiesta sull’omicidio di Marisa Monchi è un rompicapo in piena regola, un rebus che forse nasconde storie antiche, come se si trattasse di un assassino venuto da lontano nel tempo. A rendere tutto ancora più assurdo, alcuni giorni dopo il triste rinvenimento, durante la notte qualcuno ha violato i sigilli apposti dalle autorità introducendosi nella villetta dell’orrore.
Quest’ombra nera pare abbia frantumato un grosso vaso riposto nei pressi dell’entrata dell’abitazione, ma non è ancora chiaro se sia entrato all’interno delle mura domestiche. Che cosa nasconde questo gesto? Un atto spocchioso, di sfida, dell’assassino contro le autorità? Una semplice marachella di ragazzini curiosi della zona? Certo è che, se a introdursi nella villetta è stato l’assassino, lo stesso ha dato uno spunto di analisi non indifferente agli investigatori.
Se la pattuglia di sorveglianza è passata davanti alla casa nella ronda notturna alle tre, questo non può significare altro che l’assassino (o l’assassina o gli assassini) era nella possibilità di controllare i movimenti e gli orari degli agenti, scegliendo il momento migliore per agire indisturbato riuscendo magari a portar via qualcosa che potesse ricondurre alla sua persona.
Nei giorni concomitanti questo strano episodio arrivano anche i risultati dell’autopsia: Marisa è stata colpita per 13 volte con un’arma dalla lama ricurva, come quella di un falcetto, cinque i colpi mortali alla testa nonostante il medico legale abbia riscontrato molte altre lesioni alle braccia e alle mani probabilmente procurate in un vano tentativo di difesa.
Dal punto di vista prettamente investigativo non si fanno passi avanti, nessuno ha visto niente che possa aiutare gli inquirenti; molto strano in un piccolo agglomerato in cui i forestieri sono riconosciuti già da lontano; un individuo imbrattato di sangue che esce o scappa da un appartamento non è un particolare che può sfuggire, specie tra quelle viuzze in cui tutti bene o male vedono e sanno. Un’ipotesi da non sottovalutare è quella secondo cui cui l’autore di questo massacro possa essere una persona molto vicina a Palvotrisia e all’anziana vittima che ignara avrebbe potuto addirittura avere invitato di sua sponte il suo carnefice in casa.
Una storia simile per modus operandi è quella di Giuseppe Piccolomo, condannato nel 2011 per l’omicidio avvenuto nel 2009 a Varese della pensionata Carla Molinari per futili motivi economici. Anche in quel caso come a Castelnuovo l’assassino dopo aver ucciso la donna infierì sul cadavere, non tanto per sviare le indagini quanto invece per eliminare residui di DNA sulle dita dell’anziana che avrebbero portato alla sua possibile identificazione. Quale verità dobbiamo attenderci dalla morte di Marisa Monchi?
Un delitto della porta accanto o i messaggi lasciati in mezzo al sangue sussurrano inaspettati retroscena?
di Alberto Bonomo