A rischio estinzione è il “delitto perfetto”, ciò che avrebbe potuto regalare sonni tranquilli ai criminali. Tra qualche anno, infatti, la contromossa diverrà scienza esatta, a danno anche dei più attenti e minuziosi delinquenti.
La “digitalizzazione” delle indagini trasformerà il detective in uno scienziato-hacker, la cui cassetta degli attrezzi sarà fornita di banche dati del Dna, misteriosi algoritmi per simulare la mente criminale, software per ricostruire la scena del crimine.
L’utilizzo dei dati genetici, quale strumento di contrasto al crimine (senza dubbio il più efficace nell’identificazione dei colpevoli), costituisce una pratica ormai diffusa, non solo nelle fiction poliziesche. Sono sempre più numerosi gli Stati che dispongono di database del Dna, all’interno dei quali è conservata una serie di profili genetici che le autorità possono utilizzare per lo svolgimento delle indagini o di procedimenti giudiziari. Con la legge n. 85 del 30 giugno 2009, anche l’Italia, aderendo così alla Convenzione di Prüm del 2005, ha provveduto a disciplinare la propria banca dati nazionale del Dna, che verrà istituita nell’anno corrente presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia.
La proposta arriva dai Carabinieri del Racis, per i quali il modello da seguire sarebbe quello della Gran Bretagna: la schedatura è stata estesa oltre che ai carcerati anche a tutti i neonati, permettendo nel giro di poche decine di anni di avere l’impronta genetica dell’intera popolazione.
Ciò consentirebbe alla magistratura e alle forze dell’ordine di svolgere indagini più rapide, efficaci e meno costose. “Potremmo ridurre del 20% i reati attribuiti ad ignoti. E rendere meno dispendiose le indagini dal punto di vista economico – afferma Serafino Liberati, generale comandante del Racis – Perché l’analisi del Dna non è utile solo per i delitti più clamorosi. Serve anche nelle indagini sui reati minori, come i furti negli appartamenti”.
I paesi aderenti al Trattato di Prüm (Italia, Germania, Spagna, Francia, Austria, Paesi Bassi) e il cui obiettivo è quello di rinforzare la cooperazione transfrontaliera in materia di lotta alla criminalità e al terrorismo, disporranno dunque di un archivio comune, in cui saranno raccolti con tamponi buccali i profili genetici dell’intera popolazione carceraria: dei soggetti fermati o arrestati in flagranza, di chi è stato condannato in via definitiva e anche degli indagati sottoposti a custodia cautelare nelle indagini per omicidio, terrorismo e mafia.
Ma “ci sono ostacoli giuridici che stanno ritardando la realizzazione della banca dati italiana, in particolare per ciò che riguarda la tutela della privacy – spiega ancora l’ufficiale -. Sono consapevole dei rischi che comporta. Ma voglio anche sfatare le tante leggende metropolitane sul possibile utilizzo distorto dei dati. Paesi come la Germania, l’Inghilterra, la Francia che hanno una tradizione democratica ben più lunga della nostra, hanno creato la propria banca. Lo possiamo fare anche noi, certo costituendo anche un’apposita authority di controllo: sarebbe una garanzia anche per noi investigatori”. La sfida delle istituzioni consiste, perciò, nell’ appagare il desiderio dei “cacciatori d’ ombre” di riempire gli archivi digitali, rispettando la privacy dei cittadini.
Ci si aspetta, dunque, indagini sempre più digitali, grazie anche alla traduzione dell’istinto criminale in formule matematiche, così da prevederne le mosse. Uno tra gli algoritmi più diffusi è quello Rossmo, che consente di scoprire la zona dove vive un omicida seriale piuttosto che di un violentatore, con un margine di precisione del 40%, attraverso l’analisi dei luoghi in cui agisce (geographic profiling).
Inoltre la comparazione tra una scena del crimine e casi simili precedenti può essere effettuata attraverso l’utilizzo, da parte della Polizia di Stato, del software Sasc; il nucleo investigativo dei Carabinieri, invece, grazie al Laser scanner è in grado di ricostruire in 3D la scena di un delitto. E in fase di sperimentazione è lo sviluppo di un’applicazione che consentirà di creare pixel mancanti: si tratterebbe si software capaci di aumentare la definizione di un filmato e di ricostruire dettagli non visibili nel video.
Insomma, tutto ciò che vedevamo vent’anni fa nei film di James Bond sta per avverarsi!
Riusciranno i nostri investigatori a tenere testa al celebre agente 007?
di Annalisa Ianne