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In molti avranno certamente memoria del tragico epilogo del volo IH870 partito da Bologna diretto a Palermo, conosciuto tristemente come la misteriosa strage di Ustica. Il 27 giugno 1980, il puntino luminoso che segnala la rotta del DC-9 Itavia, scompare da ogni schermo radar del centro controllo aereo di Roma: sono le 20:59 e 45 secondi. I rottami dell’aereo e purtroppo numerose vittime saranno recuperate la mattina successiva in acque internazionali del mar Tirreno, tra l’isola di Ponza e Ustica; in totale saranno 39 i corpi recuperati degli 81 passeggeri, il cono di coda dell’aereo, alcuni resti meccanici e interi bagagli alla deriva. Il volo era partito in ritardo di alcune ore dall’aeroporto “Guglielmo Marconi” di Borgo Panigale. Il presunto arrivo allo scalo di Punta Raisi era da poco stato confermato alle 20:56, dallo stesso comandante del DC 9, Domenico Gatti, in un ultimo collegamento radio con “Roma controllo”.

Tutto sembrava procedere normalmente, l’aereo è nello spazio radar di più postazioni di controllo aereo, la quota di 7500 metri è rispettata, nessuna irregolarità nelle procedure di volo, fatto sta che alle 21:31 il centro di controllo di Marsala invia una comunicazione al centro difesa aerea di Martinafranca sul mancato arrivo del velivolo. Se un aereo prossimo all’arrivo scompare dai radar e non arriva a destinazione, nulla di buono dev’essere accaduto. Allertato il Rescue Coordination Centre di Martina Franca per un’operazione con precedenza assoluta, cominciano le attività di soccorso di concerto con i nuclei operativi della marina militare e delle forze USA. Alle 21:55 decollano i primi elicotteri diretti in perlustrazione sulla zona corrispondente all’ultimo contatto radio; il resto è tristemente storia. Nonostante siano passati più di trent’anni, il 28 gennaio appena trascorso è stato comunicato il verdetto della Corte di Cassazione.

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La sentenza ha restituito un minimo di dignità a tutte le vite spezzate e alle famiglie che ancora oggi vivono un dolore che non è risarcibile in moneta. Nonostante i vecchi processi penali non abbiano avuto gli effetti sperati, in sede civile è stato confermato che l’incidente avvenuto in quella sera di giugno del 1980 al DC9 Itavia, fu causato da un missile e non da un’esplosione interna accidentale. Questa sentenza della Suprema Corte, storica e definitiva, giudica lo Stato Italiano colpevole per non aver garantito mediante l’utilizzo di radar civili e militari la sicurezza dei cieli. Si legge «abbondantemente e congruamente motivata» la tesi secondo la quale fu un missile a disintegrare l’aereo dell’Itavia prossimo all’arrivo su Punta Raisi. Respinto ogni tipo di ricorso presentato dal ministero della Difesa e delle Infrastrutture e Trasporti. Semplicemente inutili i tentativi dell’avvocatura dello Stato; inutile ravvisare un’improbabile prescrizione del disastro. La Suprema Corte ricorda che: «L’evento stesso dell’avvenuta vicenda della strage di Ustica dimostra la violazione della norma cautelare».

Alla notizia della sensazionale sentenza il giudice Priore, colui che costruì l’istruttoria sulla strage convincendosi dell’esplosione esterna, commenta cosi: «E’ molto difficile per gravi eventi come questi, come una strage, riuscire a stabilire responsabilità penali che sono personali. Io ho delineato un contesto e questo lavoro di indagine è stato riconosciuto valido da molti pm fino alla procura generale presso la sezione penale della Cassazione. Se quest’ultima poi ha dato una valutazione diversa, non significa che non si sia arrivati a delle conclusioni investigative. Questa sentenza può rappresentare un punto di partenza per arrivare alla verità storica nel caso della strage di Ustica».

Il risarcimento di un milione e 240 mila euro non è la vera fonte di soddisfazione per l’Associazione parenti delle vittime; la verità che a poco a poco viene a galla quella si. Ne è certa Daria Bonfietti, presidente dell’associazione: «Non si può che essere soddisfatti per la decisione della Cassazione di confermare l’obbligo dello Stato a risarcire i parenti delle vittime di Ustica, ma adesso lo Stato deve trovare un po’ di dignità e avere il coraggio di trarre le conseguenze da tutto questo: chiedere anche ad altri paesi, coinvolti nella strage, di dire la verità. È qualcosa che ci è dovuto, molto prima dei risarcimenti». Trentadue lunghissimi anni passati tra verità nascoste, depistaggi e teorie improbabili. Nonostante ciò, un passo in avanti è stato compiuto: la ricompensa per chi non si è arreso.

di Alberto Bonomo