Il cervello umano è composto da 100 miliardi di neuroni, ognuno dei quali sviluppa connessioni chiamate sinapsi con i neuroni più vicini; si contano almeno 10 mila sinapsi tra neuroni che regolano la connettività cerebrale.
Durante lo sviluppo fetale vengono prodotti in media 250
mila neuroni al minuto, la loro produzione prosegue fino al raggiungimento circa dei 30 giorni prima della nascita, quando improvvisamente si arresta lasciando spazio alla creazione delle prime connessioni tra neuroni. Non tutte le sinapsi che si formano in questa fase accompagneranno la vita di ciascun individuo, tra queste ci saranno quelle più “fortunate” che riceveranno il corretto apporto dei fattori necessari alla loro sopravvivenza, e quelle più “sfortunate” che invece andranno incontro ad eliminazione.
La fase di formazione delle reti tra neuroni nel cervello è una fase estremamente delicata, poiché rappresenta soltanto una delle prime tappe che guidano la corretta creazione di un sistema nervoso sano; durante questa fase anche la minima perturbazione può risultare dannosa in quanto responsabile di anomalie del modo in cui i neuroni comunicano tra di loro, dando luogo dopo la nascita, a disturbi neuropsichiatrici quali i deficit di attenzione ed iperattività ed i disturbi dello spettro autistico, tutti caratterizzati da anomalie della connettività cerebrale.
Durante questa fase, il feto appare maggiormente vulnerabile all’azione di agenti definiti teratogeni; si tratta di farmaci che possono interferire con il corretto sviluppo del sistema nervoso del feto causando diverse complicazioni e malformazioni. Il periodo di maggiore suscettibilità agli agenti teratogeni è compreso tra il 20° e il 50° giorno della gestazione, una fase denominata organogenesi, antecedente al periodo fetale propriamente detto e caratterizzata da un’intensa proliferazione dei neuroni che li rende quindi più vulnerabili all’azione tossica di agenti esterni.
Un agente teratogeno è in grado di oltrepassare la placenta, nonostante per anni fu diffusa la convinzione che questa fosse una barriera impermeabile e totalmente in grado di proteggere il feto dagli agenti esterni; oggi sappiamo che un agente teratogeno riesce ad attraversare la barriera placentare e determinare il blocco della sintesi di proteine che regolano la fase embrionale. Attualmente solo pochi farmaci sono sicuramente considerati teratogeni per l’uomo, tra questi ci sono la talidomide, gli androgeni, gli estrogeni, la vitamina D ed i farmaci antineoplastici, tutti in grado di superare in elevata misura la barriera placentare.
Il caso della talidomide è senza dubbio uno dei più eclatanti nel panorama degli agenti teratogeni: negli anni ’60 l’uso di questo farmaco era particolarmente diffuso tra le donne in gravidanza per lenire le nausee che accompagnano le prime settimane di gestazione. Diversi studi tossicologici avevano escluso la potenziale tossicità acuta della talidomide sia nei modelli animali che negli individui adulti, ma la situazione si complicò vertiginosamente quando nel 1962 in diversi paesi dell’Europa, si diffusero casi su casi di neonati deformi nati da madri che avevano fatto uso della talidomide durante i primi mesi della gravidanza.
Il drammatico episodio della talidomide dimostrò agli studiosi che una sostanza completamente atossica per gli adulti o per gli animali, può invece risultare tremendamente dannosa per l’individuo in via di formazione; è necessario perciò conoscere la “dose soglia” di ogni sostanza, oltre la quale la sua somministrazione può risultare particolarmente dannosa per la corretta formazione dell’embrione se assunta durante la gravidanza.
di Alessia De Felice