Persino Peter Pan potrebbe smettere presto di volare. Nella sua sede di Roma, il ‘Peter Pan’ è un centro di accoglienza per bambini malati di tumore, che cura gratuitamente bimbi affetti dalla malattia e ospita le famiglie provenienti da tutta Italia e anche dall’estero. Un servizio dal forte impatto umanitario, reso possibile dai 180 volontari che vi lavorano dal 1997, anno di fondazione della onlus, nelle 33 stanze rese disponibili nell’edificio.
Dopo quasi sedici anni di lavoro e solidarietà, però, il Peter Pan di Trastevere rischia di vedersi tarpare le ali. “Lasciate la sede entro il 16 febbraio”, fanno sapere dalla Regione. Un vero e proprio sfratto.
Il motivo è il solito: l’aumento dei canoni d’affitto. Le cifre sono su tutti i giornali della capitale e su molti quotidiani nazionali: una locazione che oscillava dai 3 mila euro mensili del 2011, ai 6 mila dell’anno successivo, è arrivata a salire fino a 20 mila euro al mese. Un aumento di oltre il 300%, richiesto dall’Irai (ente della Regione Lazio proprietario dell’edificio) per “adeguare i canoni ai valori del mercato”, fanno sapere dal Peter Pan stesso.
Un’esigenza di mercato che non guarda più in faccia ai diritti dei cittadini socialmente più deboli e più bisognosi di un aiuto da parte degli enti pubblici. Con i reparti di ontologia pediatrica del Bambin Gesù e del Policlinico Gemelli spesso colmi e impossibilitati a seguire l’altissimo numero di bambini colti da tumore, il Peter Pan è riuscito ad aiutare oltre 600 famiglie dal 2000 a oggi, con programmi che “aiutano i bambini a vivere fuori dall’ospedale dopo le terapie e di avere una vita pseudo-normale”, come fa sapere una mamma a Il Fatto Quotidiano e che commenta la decisione della Regione “da Oscar della vigliaccheria”.
“Abbiamo ristrutturato noi e a nostre spese questo edificio – fa sapere il direttore Gian Paolo Montini all’edizione romana di La Repubblica – spendendo circa un miliardo e mezzo di lire e ora non possiamo permetterci di sborsare 20 mila euro al mese per l’affitto”.
Il caso ha ovviamente alzato un polverone tra l’opinione pubblica della capitale e non solo, scatenando i commenti della politica, sensibile al caso, forse anche perché si avvicinano le elezioni regionali che dopo il voto del 24 sanciranno gli eredi della Polverini alla guida del Lazio.
Proprio la giunta della governatrice uscente, si è mossa subito per prendere le distanze da tale decisione: “Nessuna competenza diretta sulla vicenda, essendo l’Irai un ente autonomo, i cui vertici sono stati nominati prima delle ultime elezioni regionali”.
Quindi, la responsabilità dell’azione è tutta dell’ente? Macché: “Il procedimento interlocutorio – precisa il presidente di Irai Roberto Crescenzi sempre per Repubblica – non consiste in alcun modo in un’intimazione di sfratto, ma è dovuto agli obblighi imposti dalla spending review cui l’ente è sottoposto”. Dunque la colpa cade sull’Agenzia del Territorio, “altrimenti il presidente dovrebbe rispondere personalmente della mancata applicazione della previsione di legge e per il relativo danno erariale”. Quasi una supercazzola tognazziana per scaricare altrove un barile davvero difficile da far digerire ai cittadini.
Nella caciara legata allo sfratto del Peter Pan, è intervenuto anche il sindaco di Roma Alemanno, che si è detto “scandalizzato”, precisando che “nessuno vi può cacciare” e specificando poi che “la maggioranza del consiglio di amministrazione dell’Irai è stato nominato dal centrosinistra, quindi la responsabilità principale è loro”.
“Ma l’ente fa parte della Regione – ribatte il capogruppo Pd laziale Esterino Montino – dunque la responsabilità è di quel centrodestra intento solo a garantire uno stipendio agli amici”.
Insomma, tutti gli schieramenti politici sono contro lo sfratto, ma l’avviso con scadenza a dieci giorni è già arrivato. E soprattutto, la responsabilità è sempre degli altri.
Si gioca sulla pelle di bambini bisognosi e di famiglie disperate. Il Peter Pan rischia seriamente di non volare più, ma – tranquilli – non è colpa di nessuno.
di Luca Romeo