Un Festival brillante, una conduzione che ha alternato leggerezza e serietà, impegno e divertimento puro. Sarà stato per merito di Fabio Fazio o di altri ma per la prima volta si è parlato di un autore come Luigi Tenco del quale più volte ho avuto modo di scrivere. Non un cantautore, ma un autore, si perché tale sarebbe oggi se nel pieno della giovinezza non fosse morto.
Quest’anno Tenco è stato ricordato molte volte, più degli anni precedenti quando l’argomento era chiaro motivo di imbarazzo per gli addetti ai lavori. Il cantautore piemontese-ligure è stato citato dapprima da Pippo Baudo quando ha ricordato il suo primo Sanremo (1968) difficile da gestire «perché l’anno prima c’era stato Tenco…» chiudendo lì la frase. La reticenza di Baudo a completare il pensiero si è scontrata però con la voglia di Fazio di ricordarlo senza smorzare le parole. E’ stato quasi un passaggio “epocale” sul tema: dal vecchio al nuovo; dalla voglia di tenere Tenco in un cassetto alla voglia di nominarlo, senza timore.
La canzone cantata dall’ultimo vincitore del Festival, Marco Mengoni, ha rimarcato la presenza di quel che fino al 16 febbraio 2013 è stato un fantasma che aleggiava tra i corridoi dell’Ariston, complice un “Ciao amore ciao” (canzone cantata da Tenco a Sanremo circa tre ore prima della morte) ben rivisitata dal giovane Mengoni, secondo la critica. Insomma, un primo muro di gomma è stato bucato e la notizia non può che fare piacere.
A rimarcare il bel momento sono giunte le parole della famiglia Tenco, rappresentata dalla cognata Graziella e dai nipoti Giuseppe e Patrizia, con l’affermazione: “E’ come se Luigi Tenco avesse vinto il Festival”. Tuttavia, mentre l’estasi sanremese giungeva all’apice, dietro le quinte sono giunti attacchi per quel che viene vista come una speculazione, ovvero il nostro tentativo di ricordare che la musica non basta; di ricordare che una società, ancor prima delle belle canzoni, ha bisogno di respirare un profondo senso di giustizia.
Luigi Tenco muore in circostanze ritenute, da oltre quarant’anni, poco chiare. Un colpo di pistola e tanti elementi che non tornano. Per quel che mi riguarda, ho espresso il mio pensiero sull’accaduto nella controinchiesta “Le ombre del silenzio” (Castelvecchi Editore) con documenti a seguito, frutto del lavoro di esperti della materia.
“La Repubblica” di Genova ha usato pochi giorni fa (il 9 febbraio) titoli molti forti per raccontare che tanto non è stato detto su quella storia con troppe ombre. Mesi addietro anche “La Stampa” di Alessandria (provincia natale del cantautore) aveva fatto pesare le novità sul caso Tenco. E senz’altro la famiglia ne è giunta a conoscenza, da sempre attenta a qualsiasi frase si dica sull’illustre antenato.
Si spera allora che il coraggio visto a Sanremo 2013 non generi confusione fra la “giustizia musicale” e “la giustizia terrena” che si dovrebbe a Luigi Tenco, con l’obiettivo di chiudere la seconda dietro la frase: “E’ come se Luigi Tenco avesse vinto il Festival”. Come a dire “ormai giustizia musicale è stata fatta dopo 46 anni, dunque non parliamone più”.
La grandezza musicale di Luigi non si discute e varrà sempre la pena ricordarla. Ma che gli “addetti ai lavori” ci aiutino anche a chiudere quel che alla storia è noto come “il caso Tenco”. E allora si, saremo molto ben lieti di non parlarne più.
di Pasquale Ragone
(coautore di “Le ombre del silenzio. Suicidio o delitto? Controinchiesta sulla morte di Luigi Tenco” di Guarneri-Ragone (Castelvecchi Editore, 2013), con info e news nel forum gratuito www.casotenco.forumfree.it)