No, sì, forse e poi ancora no. Si è trascinata avanti per alcuni giorni, nella scorsa settimana, la questione sul voto agli studenti italiani che si trovano all’estero con un borsa di studio Erasmus. Tale categoria di elettori è doppiamente esclusa dalle urne (sono ben due le leggi che lo confermano) e nonostante gli sforzi profusi, da parte degli stessi universitari e dai rettori degli atenei, anche per le Politiche del 24 febbraio gli studenti Erasmus non potranno votare. A meno che non tornino in Italia con voli ‘scontati’ da 99 euro.
La telenovela del “si può-non si può” è andata avanti per diversi giorni, con alcuni botta e risposta tra studenti, ministri, rettori e premier e nel quale è intervenuta perfino l’Unione Europea. Ma alla fine non c’è stato verso: ha vinto la burocrazia, ha vinto l’assurdo e a perdere – per l’ennesima volta – sono stati i giovani.
Quello degli Erasmus è un problema che si ripropone da diversi anni in Italia durante il periodo elettorale: mai tali studenti hanno avuto la possibilità di esprimere la propria preferenza dall’estero. A dirlo forte e chiaro, la legge del 27-12-2011 (quando per la prima volta gli italiani all’estero hanno potuto votare), firmata dal governo Berlusconi e mai modificata (neanche quando la maggioranza era in mano alla sinistra) e, anzi, aggiustata senza toccare la parte relativa agli studenti lo scorso 22 dicembre, con un decreto legge del Presidente della Repubblica Napolitano.
La legge italiana, per effetto delle due manovre, prevede che il voto all’estero sia consentito ai nostri concittadini, ma solo se residenti fuori dai confini nazionali per più di dodici mesi. Il diritto di voto per chi rimane all’estero meno del tempo stabilito è consentito ai militari, ai funzionari statali e regionali (o delle province autonome), ai docenti universitari e ai ricercatori presso gli atenei stranieri. Nessuna parola per gli studenti Erasmus, oggi oltre 20 mila, solitamente all’estero per un periodo dai 3 ai 9 mesi, dunque esclusi dal suffragio.
A sollevare un polverone sul problema, ci ha pensato il 17 gennaio Federico Del Giudice, studente a “La Sapienza” di Roma e membro dell’associazione per i diritti degli universitari e degli allievi delle scuole superiori “Rete della Conoscenza”, tramite un intervento sul blog de “Il Fatto Quotidiano”. Nel post, veniva dato spazio alle ragioni di un altro studente, Gianmarco Capogna, Erasmus a Strasburgo.
«La storia della democrazia è la storia del suffragio e del diritto al voto – introduce lo studente – l’Italia è una democrazia rappresentativa in cui il popolo è sovrano». Sovrano di che cosa, se i nostri giovani che studiano all’estero, assorbendo culture diverse e conoscenza più vasta, non hanno la possibilità di partecipare alle urne? Tutto questo – sempre come riportato sul blog – alla luce di un periodo grigio della politica nostrana, che a quanto pare non è per nulla preoccupata da un tasso di astensionismo tra i più alti della storia.
Accesa la scintilla, si fa presto a ottenere una prima fiammata, con i rettori delle università italiane che il giorno successivo si sono scagliati dalla parte degli studenti. Il presidente della Crui (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) Marco Mancini, ha commentato il non voto degli Erasmus come «un’assurdità illogica», descrivendo addirittura gli studenti impegnati all’estero come «avanguardia intellettuale del nostro Paese» e promettendo un incontro con il ministro degli Esteri Giulio Terzi, per discutere della questione.
Sempre riportato dal blog de “Il Fatto Quotidiano” – che sull’argomento ha creato una sorta di diario, l’“Erasmus News” – il 19 gennaio arriva la secca risposta del ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri, secondo cui “non ci sono i tempi tecnici per istituire liste elettorali, ci vorrebbe una legge ad hoc che non è mai stata fatta”. Per quanto riguarda le liste elettorali sorge un dubbio: gli studenti Erasmus non potrebbero recarsi dove votano regolarmente militari e ricercatori? Mente la legge ad hoc mai stata fatta non fa che accrescere la rabbia degli studenti, che in queste parole si vedono sempre di più come ultima ruota del carro-Italia.
Passa un giorno e le cose sembrano andare meglio, con il Premier Monti che spezza una lancia in favore degli universitari e chiede a Terzi e alla Cancellieri una soluzione entro il Consiglio dei Ministri del 22 gennaio. Nel frattempo si muove anche l’Unione Europea, con la portavoce della commissaria all’educazione Androulla Vassiliou che afferma di sostenere «gli sforzi dell’Italia affinché gli studenti Erasmus non siano discriminati». Dopo il CdM del 22, però, la disfatta: niente da fare, fanno sapere dal governo, ma «auspicando che la nuova riforma elettorale tenga in considerazione la questione».
Se si pensa che l’ultima riforma elettorale è stata compiuta nel 2011 ed è il “Porcellum” di Calderoli e se si considera che il governo tecnico in un anno non ha avuto il modo di scrivere una nuova legge migliore di questa, gli studenti Erasmus non possono vantare garanzie sufficienti. Intanto, anche per oggi non si vota.
di Luca Romeo