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L’adolescenza è una fase di sviluppo dell’essere umano caratterizzata dal costituire un  passaggio da un luogo dell’esistenza ad un altro e la si può definire come una sorta di “terra di mezzo” tra infanzia ed età adulta. La  connotazione precisa dell’adolescenza è spesso difficile, mutevole ed influenzata da diversi fattori. Tuttavia,  guardando criticamente a  diversi studi, approcci ed analisi, emerge come caratteristica  dominante il termine “crisi”.

L’adolescenza: età del cambiamento e passaggio
Come sottolinea E. Kestemberg: l’adolescente è allo stesso tempo un bambino ed  un adulto. In realtà egli non è più un bambino, e non ancora un adulto. Questo duplice movimento, rinnegamento della sua infanzia da una parte, ricerca di uno statuto stabile di adulto dall’altra, costituisce l’essenza stessa della “crisi”, del “processo psichico” che ogni adolescente attraversa. Comprendere questo periodo transitorio, descrivere le linee di forza intorno alle quali questo sconvolgimento psichico e somatico si riordinerà a poco a poco, costituisce un’impresa ardua e piena di rischi.

Adolescenza e psicoanalisi
La psicoanalisi vede l’adolescenza una fase di conflitto, che sfocia in un’organizzazione stabile della personalità. L’accresciuta tensione sessuale di questo periodo riporta alla luce l’investimento libidico oggetti incestuosi, come nel periodo fallico. Freud parla di una seconda situazione edipica durante l’adolescenza: «la cosa più naturale (per l’adolescente) sarebbe di scegliere come oggetti sessuali quelle persone che egli sin dall’infanzia ha amato, per così dire, con libido smorzata». L’indipendenza emotiva dai genitori, con il trasferimento delle ricariche libidiche a figure estranee all’ambito familiare appare sotto forma di rifiuto e ostilità verso l’autorità in generale. L’adolescente si deve rendere libero, attraverso conflitti ineliminabili, dalla dipendenza dai genitori.

L’adolescente, grazie al suo patrimonio accresciuto di conoscenze e di abilità, partecipa alla vita sociale e in questo processo struttura la sua personalità e il comportamento fino alla assunzione di un ruolo stabile nella società.

La comparsa della pubertà scatena pressoché immancabilmente una crisi di opposizione più o meno aperta contro l’ambiente adulto. Si tratta di uno di quei periodi di sconvolgimento che svolgono un ruolo decisivo nell’evoluzione della personalità e del carattere.

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L’adulto-bambino
Per cessare di essere bambino e affermarsi come persona autonoma l’adolescente comincia con il bruciare ciò che ha adorato, rivoltandosi contro l’autorità dei genitori e respingendo i loro modelli. Controbatte volentieri ciò che essi pensano, amano e credono mostrando in tal modo sino a che punto vi rimane legato. Talvolta insorge con violenza contro le loro opinioni, la loro morale, le loro tradizioni, talaltra li considera con commiserazione dall’alto della sua superiorità (una superiorità più apparente che reale, e che nasconde, una profonda insicurezza): i genitori sono per definizione degli esseri “che non capiscono niente di niente” e tanto meno il genio incompreso che hanno di fronte.

Quando si mostra disubbidiente o recalcitrante non è mai per protestare contro la sua condizione di bambino o per rivendicare il suo diritto all’indipendenza. Tutto cambia con l’adolescenza. Anziché essere sopravvalutati, i genitori sono criticati e giudicati da un ragazzo o da una ragazza che li guarda senza indulgenza, persino con ostilità.

Le loro traversie, le loro debolezze, i loro difetti piccoli o grandi sono passati al setaccio. La loro tenerezza diventa sentimentalismo importuno, la loro premura diventa intrusione, la loro fermezza, vessazione deliberata. È il momento in cui, soprattutto di fronte ai compagni, si può avere vergogna dei propri genitori sia che si scopra che il loro comportamento è veramente criticabile e anormale, sia, ed è il caso più frequente, per ragioni assolutamente banali e prive di obiettività. È il caso  di una madre non abbastanza elegante e distinta per i gusti di sua figlia o di un padre che parla a voce troppo alta,che dice troppo crudelmente ciò che pensa, o peggio ancora, che si “ostina” fuori, con gran disperazione del figlio, a guidare una automobile fuori moda.

È la stessa dipendenza ed ambivalenza che si incontra in un altro atteggiamento tipico di questa età: quegli stessi giovani si sentono infastiditi da un gesto di tenerezza, sono facilmente ipercritici, attaccabrighe, aggressivi, si adombrano di tutto sentendosi vittime di un attentato alla loro libertà, e rimproverano ai loro genitori, e agli adulti in generale, di non capirli e persino di non amarli.

 “Incompreso”
Quale adolescente stringendo ancora i pugni per la rabbia non ha versato di nascosto le amare lacrime di chi si sente incompreso e non amato? La convinzione di essere incompreso, insieme al bisogno di affermare la propria indipendenza, sono tratti caratteristici della personalità dell’adolescente.

I più originali vi trovano una amarezza dilettevole e se ne nutrono in quanto essa rafforza la loro impressione di essere diversi dagli altri. Ma per la maggior parte dei giovani, l’incomprensione da parte dell’ambiente, vera o immaginaria che sia, scuote la loro fiducia in se stessi e in ogni altra cosa, fiducia tanto vacillante a questa età. Questo perché il  sentimento di essere incompreso o di non essere amato si ricollega alle difficoltà che l’adolescente incontra a comprendersi ed amarsi egli stesso.

Di fronte all’atteggiamento condiscendente dell’adulto, l’adolescente si sente letteralmente annichilito, in quanto si sente respinto, d’un colpo, nella sua precedente situazione di bambino privo di indipendenza: è il misconoscimento di tutti i suoi sforzi per affermarsi come essere autonomo, sforzi maldestri all’inizio, ma che vogliono essere presi sul serio perché attraverso questi Io, giovane e poco sicuro, incomincia a cercare se stesso.

 Di Krizia Lestingi