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Il delitto Casagrande
Chi a Roncade, una piccola comunità in provincia di Treviso, ha memoria degli anni novanta, ricorda nitidamente la storia raccapricciante che la sera del 29 gennaio 1991 sconvolse l’intera cittadina. Era un martedì, faceva molto freddo e la luna piena, alta nel cielo, regalava una parvenza di luce sulla piazza desolata del paese.

Quella sera, gli esercizi commerciali chiusi per l’ora tarda e un’atmosfera spettrale faranno da cornice ad un brutale delitto. La vittima, quarantaduenne, si chiama Sandra Casagrande; la donna ha la fortuna di abitare al piano superiore rispetto alla pasticceria di cui è titolare, ubicata invece al piano terra della stesso stabile. Spesso, quando il lavoro richiede ore di straordinario, Sandra è solita trattenersi oltre.

Una notte strana
Quella notte ad esempio era importante terminare delle bomboniere che andavano consegnate il giorno dopo. Da questo punto in poi la storia prende una piega ancora oggi inspiegabile. La signora Casagrande non terminerà mai l’ordine. Troppe le lacune dietro quella che sarà una morte a dir poco orribile.

Lo sa bene Zeno Vettorello, amico della vittima e primo testimone ufficiale della tragedia. Intervenute sulla scena del delitto, la pasticceria,  le forze dell’ordine e contestualmente il pm Bruno Bruni, cominciano rapidamente tutte le attività di sopralluogo per cercare di cavare anche il più piccolo indizio utile a identificare l’assassino in tempi brevi.

Forse un appuntamento concordato per il dopo lavoro, forse una visita inaspettata, questo non è stato possibile appurarlo. La follia omicida di questa sagoma senza un volto, il “raptus”, cosi definito dai criminologi che hanno lavorato al caso, è l’unico elemento certo di questo orrore.

Il corpo senza vita sta riverso per terra. La Tribuna di Treviso, giornale dell’epoca, scrisse della vicenda: <<Una donna piacente: nulla a che vedere, in vita, con quel povero corpo trovato nello sgabuzzino del suo negozio tra odore di sangue e di frittelle.La pelle lattea coperta di sangue, gli occhi dilatati e quasi usciti dalle orbite per il terrore degli ultimi attimi, la bocca spalancata in un urlo che nessuno avrebbe potuto sentire per quello straccio affondato dal suo assassino fino alla gola. E il petto straziato: ventidue coltellate inferte tra il collo e i seni con tanta furia che la lama si era spezzata e le era rimasta nello sterno, e l’assassino aveva preso una forbice per colpire ancora>>.

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Come è morta?
Non tarda ad arrivare il referto autopticodel medico legale Rosario Chirillo. La signora Casagrande è stata raggiunta da 22 coltellate al torace, al fianco e vicino l’ascella sinistra; alcune costole risultano spezzate, mentre la morte sopraggiungeva tra le 22 e le 22,30 per dissanguamento. E’ stata recisa di netto l’arteria polmonare.

Il consulente precisa che si tratterebbe di un individuo di sesso maschile, non mancino; da sottolineare inoltre l’assenza di segni che potrebbero giustificare una violenza sessuale. Fa riflettere il motivo per cui il seno della donna pare sia stato risparmiato dai fendenti; come se l’assassino avesse, nonostante la furia omicida, preservato quella zona volontariamente.

Gli investigatori tentano di estrapolare informazioni importanti dall’agendina della donna ma niente di rilevante viene a galla. Una svolta, all’apparenza decisiva, arriva da Roberto Collodo, il titolare del distributore  di benzina Agip di Biancade, dotato di impianto automatico per l’erogazione di carburante.

La mattina seguente all’omicidio, nella cassa del 24h, l’uomo trovò tre banconote da diecimila lire imbrattate di sangue e con la notizia fresca di giornata, sbattuta su tutti i quotidiani, fu facile ricollegare l’accaduto. Dalle analisi risultò che quello era il sangue di Sandra e quello era denaro dell’assassino.

Purtroppo da quelle banconote non fu possibile estrapolare altro. Le indagini continuarono. Quella sera nel negozio entrarono in tre, rintracciati e riconosciuti, dopo il consueto orario di chiusura. Il primo fu un ragazzo diciassettenne che, non avendo alcuna risposta e non vedendo arrivare nessuno che potesse servirlo,  andò via; il secondo fu il meccanico del paese passato dal locale per la solita sigaretta verso le 20,30.

Interessante il suo ricordo di un ulteriore cliente in soprabito bianco mai identificato. Il terzo ed ultimo è proprio Zeno Vettorello, l’uomo che troverà il corpo senza vita.

Oggi
Sono passati 22 anni di ipotesi e possibili ricostruzioni ma nessun colpevole, tanti forse. Tra i possibili moventi, senza far galoppare troppo la fantasia,  è da ipotizzare quello passionale. La donna, vedova da undici anni, era molto conosciuta in paese sia per la spontaneità e la simpatia che per il suo fascino.

Era una bella donna, di quelle che tutti si girano a guardare, amante della vita mondana e delle feste, di cui spesso era promotrice nella casa di Selvana, a pochi passi da Treviso. Erano serate a cui partecipavano anche personaggi delle istituzioni e, come spesso accade nelle storie in cui potrebbero essere collegati anche solo lontanamente uomini dello stato, tutto diventa macchinoso, complicato, difficile.

La verità tarda ad uscire o esce troppo presto camuffata. Il 7 luglio 1991 il Pm Bruni sarà costretto a chiedere l’archiviazione il fascicolo. Nel novembre del 2009 Antonio Fojadelli, procuratore di Treviso, tenta di far riaprire il caso ma, investito da un muro di omertà e “poca collaborazione”, non ottiene risultati positivi.

Oggi, che il caso sembra ormai sepolto dal tempo, qualcuno raramente mormora a denti stretti la propria verità circa la morte di Sandra Casagrande e su quella mano che prima uccise e poi guidò lontano da quella pasticceria con trentamila lire di benzina nel serbatoio.

di Alberto Bonomo