Le danze rituali vengono riportate nella Magna Grecia, direttamente dal mito di Arakne, fino ad arrivare ai nostri giorni con la cultura della pizzica e della taranta. Facciamo un salto nella storia e nel mito. Culti dionisiaci, pratiche baccanali sono i temi che più vengono correlati al tarantismo.
Le versioni del mito di Arakne sono svariate, da quella data da Ovidio che parla di una giovane donna molto bella e di umili origini, nota in tutta la Lidia per la tessitura, nella cui arte eccelleva tanto che le Ninfe andavano da lei per osservare la sua esperienza; e stupite dicevano che la stessa Atena Pallade le avesse insegnato quell’arte.
Da qui la sfida di Arakne, pronta a competere con la dea e ad accettare qualunque condizione in caso di sconfitta. Atena accettò la sfida e la gara vide la produzione di due bellissime tele ricamate. Alla vista del meraviglioso drappo di Arakne, Atena ebbe uno scatto d’ira e d’invidia, strappò il telo della fanciulla e tramutò lei in ragno, destinandola per sempre a tramare le sue ragnatele.
Un’altra leggenda narra di una giovane ragazza, Arakne, la quale fu sedotta da un marinaio che partì dopo la prima notte d’amore, e da allora visse in attesa del suo ritorno. Una mattina la ragazza vide una barca avvicinarsi alla costa e fece il segnale convenuto.
Dalla nave giunse la risposta: era tornato. Ma a pochi metri dal porto la barca fu affondata e coloro che erano a bordo vennero uccisi. Arakne vide morire il suo amore dopo anni di attesa. Così, alla morte della giovane, Zeus la rimandò in terra per restituire il torto ricevuto, non come ragazza ma come tarantola.
Ovidio (Metamorfosi, IV, 23 e segg.): ” (…) Accetta Minerva la sfida … la dea dai biondi capelli si corrucciò del felice successo e stracciò la trapunta tela che scopre le colpe dei numi e colpì con la spola di citoriaco bosso più volte la fronte di Aracne.
Non lo patì l’infelice: furente si strinse la gola con un capestro e restò penzoloni. Atena, commossa, la liberò, ma le disse: “Pur vivi o malvagia, e pendendo com’ora pendi. E perchè ti tormenti nel tempo futuro, per la tua stirpe continui il castigo e pei tardi nepoti “.
Poscia partendo la spruzza con sughi di magiche erbette: subito il crime toccato dal medicamento funesto cadde e col crine le caddero il naso e gli orecchi: divenne piccolo il capo e per tutte le membra si rimpicciolisce: l’esili dita s’attaccano, invece dei piedi, nei fianchi: ventre è quel tanto che resta, da cui vien traendo gli stami e, trasformata in un ragno, contesse la tela di un tempo” .
Dante Alighieri (Purgatorio, XII, 43-45): O folle Aragne, sì vedea io te Già mezza ragna, trista in su li stracci De l’opera che mal per te si fé.
Facciamo alcune considerazioni che possono meglio farci comprendere la figura di Arakne: “Nella sua tela, ricama gli stupri che divinità facenti parte del Pantheon greco (Giove, Nettuno, Apollo, Dioniso, Saturno) compiono su divinità o sacerdotesse lunari o ninfe (Europa, Asterie, Leda, Antiope, Alcmena, Dànae, Egina, Mnemosine, Rea, Canace, Ifimedia, Teofane, Demetra, Medusa, Melanto, Anfissa, Erigone, Filira) tutte storie che prefgurano invasioni, conquiste, dominii.
La narrazione è composta di 21 temi mitici. Elemento comune è la metamorfosi delle divinità in forme di animali (toro, aquila, cigno, serpente, giovenco, montone, stallone, cavallo, delfino, sparviero); in forme umane (Anfitrione, pastore, contadino) e in forme materiali (oro, fuoco, fiume, pelle di leone, uva).
Tutte le storie sono in relazione tra di loro. Potrebbe trattarsi del confronto tra due concezioni temporali: un tempo lunare che si contrappone a quello solare. Il tempo è formato dalla successione degli avvenimenti che lo pongono in rapporto con lo spazio. Tempo e spazio sono perciò due sistemi di relazioni.
Al tempo soggettivo di Atena, immutabile e stabilito, Aracne contrappone un tempo oggettivo, nel quale il passato, il presente e il futuro sono in relazione fra di loro. Il disegno di Aracne è un racconto di divinità maschili che usano violenza contro altre divinità femminili. Probabilmente le metaformosi degli dèi nelle diverse forme narrate da Arakne ci riportano agli inizi del sistema patriarcale in cui il re sacro, spinto da brama amorosa, insegue la dèa lunare.
Il tarantismo
Il tarantismo è un fenomeno storico religioso. Le credenze popolari vogliono che il protagonista sia una donna che viene morsa da un ragno (tarantola o taranta, “Ischnocolus”) e per liberarsi dal veleno iniettato dal ragno deve sottoporsi al rito.
Si sostiene infatti che dietro il tarantismo ci fosse un bisogno della donna di ricevere maggiori attenzioni dal proprio marito o di riscattarsi dopo un anno passato solo ed esclusivamente a lavorare. I giorni della tarantolata erano dei giorni speciali, in cui alla donna era concesso esternare l’istinto di un mito che viveva nella sua anima.
Il rito ha dunque tutti i caratteri di un esorcismo di tipo musicale, in quanto la donna guarisce attraverso la musica e la danza. Il tarantato presenta disturbi molto simili a quelli dell’epilessia e dell’isteria. Al ritmo della pizzica, il tarantato danza e canta per molte ore finché cade a terra sfinito.
La credenza popolare vuole che, mentre il tarantato consuma le proprie energie nella danza, il ragno affievolisca il proprio potere soffrendo fino a morire. Infatti il gesto finale della danza vede il tarantato compiere il gesto di uccisione del ragno calpestandolo e così ponendo fine alla sua sofferenza.
Quindi cari lettori, durante i rituali che si svolgevano in onore delle divinità protettrici, l’anima di Arakne viveva al loro interno portandole a danzare senza cognizione di spazio e tempo.
Perché non perderci in una vita scandita da emozioni simili?