Statistiche e numeri: in campo la genetica
I risultati non lasciano spazio a dubbi. Uno su quattordici milioni è il margine d’errore degli esami genetici eseguiti sulle macchie di sangue rinvenute sugli indumenti della piccola Yara Gambirasio.
Potrebbe sembrare assurdo ma ad oggi possiamo dire di avere quasi una certezza assoluta: il padre dell’assassino, di quel mostro che ha rapito e ucciso la ragazzina di Bembrate il 26 novembre 2010 ritrovata tre mesi dopo, senza vita, in un campo desolato della zona.
L’importantissima scoperta arriva dopo due anni. Sono lontane le smancerie mediatiche tipiche delle notizie fresche, queste si affievoliscono con il trascorrere del tempo.
Le indagini no, mentre la storia forse perdeva clamore, queste continuavano silenziosamente percorrendo una strada, per certi versi più ostica e lunga, che ad oggi è apparsa l’unica in grado di poter dare un nome e un volto a chi ha commesso l’atroce delitto. Emilano Giardina genetista dell’università di Tor Vergata di Roma incaricato dalla procura di Bergamo di analizzare il reperto ritrovato sul luogo dell’omicidio non ha dubbi: si parla di una certezza assoluta.
DNA
Estrapolando la componente maschile sul campione di Dna esaminato è stato infatti possibile risalire a questa “incredibile” paternità; si tratterebbe di un autista di Gorno in provincia di Bergamo; l’uomo non può aiutare le indagini perché deceduto dal 1999.
Tutte le attenzioni si spostano dunque sui figli di quest’ultimo, gli investigatori sono convinti di essere arrivati alla svolta, allo scacco matto. Una volta eseguiti i riscontri però, la variabile impazzita. Come in un giallo che si rispetti, nessuno dei discendenti corrisponde; qualcosa non quadra. I Dna analizzati non sono identici a quello repertato.
Nonostante il buco nell’acqua gli inquirenti adesso sanno però chi cercare. Un figlio illegittimo. Presumibilmente non sortirà gli effetti desiderati la convocazione programmata di tutti i figli adottivi residenti nella zona ma quantomeno è un tentativo che rende l’idea di quanto siano ancora vive le speranze di chi lavora al caso.
La tecnologia e la scienza al servizio della giustizia, pronte ad intervenire li dove l’investigazione più classica non riesce a trovare il bandolo della matassa. In due anni di indagini purtroppo l’unico indiziato per questo vile gesto è stato il marocchino emigrato in Italia Mohamed fikri, finito in manette con l’accusa di omicidio per via di un intercettazione telefonica tradotta in svariati modi e quindi soggetta a troppe interpretazioni, dal peso accusatorio quasi inesistente.
I dettagli
Fikri una volta scarcerato rimarrà ugualmente indagato. Sterili gli indizi scovati lungo una strada che parla poco, i laboratori genetici “logorroici” sembrano invece condurci a poco a poco, attraverso infinitesimali frammenti, attraverso una porta di servizio, verso la verità. Lo Staff dell’università di Tor Vergata coordinato dal prof.
Giardina sarà impegnato in un compito anch’esso molto arduo e che richiede un lavoro meticoloso . Si proverà adesso a estrapolare dal campione di sangue informazioni importanti circa l’identità della madre.
Il genetista spiega << Dopo aver isolato il cromosoma Y della linea maschile stiamo facendo altrettanto con la componente femminile, attraverso il cosiddetto Dna mitocondriale che è identico per tutti coloro che sono parenti della madre.Penso sia una strada convincente. Speriamo sia anche vincente >>.
Sarà effettuata un analisi a tappeto su tutti i campioni prelevati durante l’inchiesta sperando che possa uscire qualcosa di buono. E’ ovvio, una volta identificata la madre le pedine sarebbero sistemate in un modo tale da non lasciare molte mosse all’assassino. Continua con pazienza la lotta contro al tempo.
di Alberto Bonomo