campidoglio, rupe tarpea
(foto fonte web)

Il nome del versante meridionale del Campidoglio ha origini antiche: un meschino tradimento o un’alta prova di fedeltà?

Come spesso accade quando la storia si mischia con la leggenda il risultato è alquanto incerto. Alcuni presunti personaggi oscuri hanno ritrovato la dignità solo dopo diversi secoli, come sta accadendo in questi mesi per Riccardo III.

Tarpea è stata più fortunata e le pagine storiche che narrano la sua vicenda lasciano aperto il dubbio: la sua fu una prova di alta fedeltà o un basso tradimento? Andiamo con ordine.

Tarpea era la figlia di Spurio Tarpeo, il custode del Campidoglio all’inizio del regno di Romolo. Come ben saprete Romolo, dopo aver tentato senza successo di stringere alleanze con le vicine popolazioni, mise in piedi un inganno con i Sabini per depredarli delle loro donne.

Il raggiro funzionò ma scatenò l’ira del re, Tito Tazio, che dopo qualche tempo mise in piedi il contrattacco. Per cercare di espugnare il Campidoglio, Tito si mise in contatto con Tarpea, e qui nascono i dubbi.

Leggenda vuole che…

Secondo la versione che la vuole traditrice, Tarpea si fece ammaliare dai biondi capelli del re sabino, innamorandosene perdutamente, e si fece convincere ad aprire le porte della rocca capitolina.

Secondo un’altra versione, fu un altro tipo di “biondo” quello ad attrarre la giovane: quello dell’oro degli scudi di Tito, che le promise fortuna e ricchezze in cambio di una via di passaggio per il Campidoglio. In ogni caso, quando i Sabini entrarono nella rocca capitolina, fecero una strage e anziché consegnare a Tarpea i loro scudi dorati glieli lanciarono addosso, uccidendola.

Il re ordinò poi di lanciare il suo cadavere giù dal versante meridionale della rocca, che da allora ha preso il nome di “Rupe Tarpea”, dalla quale in seguito verranno lanciati tutti i traditori di Roma.

La storia che vuole invece Tarpea come una fedele di Romolo ha uno svolgimento diverso. La giovane aprì sì i cancelli ai Sabini, ma quando chiese loro gli scudi dorati non c’era avarizia alla base delle sue azioni; ella pensava invece che i nemici, sprovvisti della loro principale protezione, sarebbero stati sopraffatti dai romani.

Il messaggero che trattava con Tito però la tradì e i Sabini si presentarono in Campidoglio armati fino ai denti; per questo la seppellirono con i loro scudi e la gettarono dalla rupe dei traditori.

 

di Nicola Guarneri