In pochi lo conoscono, per qualcuno è un eroe, Roberto Saviano ha addirittura definito il suo operato “una storia d’amore”
La storia di oggi è quella di Yvan Sagnet: studioso e poi bracciante, rivoluzionario, scrittore e ora in pericolo di vita. Perché? Per aver avuto il coraggio di calpestare i piedi ‘sbagliati’.
Yvan nasce ventisette anni fa in Camerun e, dopo l’infanzia e l’adolescenza passate a inseguire il sogno italiano, riesce a ottenere una borsa di studio per iscriversi a Ingegneria all’università di Torino. L’interesse per il nostro Paese cavalca l’onda dei mondiali di calcio del 1990, quando il Camerun arriva storicamente ai quarti di finale, dove si deve arrendere al San Paolo di Napoli contro la più quotata Inghilterra.
A scuola, nello Stato africano, i ragazzi studiano per lo più le istituzioni francesi, ma Yvan, abbagliato da quella nazione a forma di stivale, preferisce puntare su economia e politica italiane, sperando e credendo che attraverso lo studio, possa aiutare nel progresso anche il suo Paese.
Il viaggio
Giunto in Piemonte, capisce che la borsa di studio non gli può bastare e allora decide di passare l’estate a Nardò, nel Salento, per guadagnare qualche spiccio raccogliendo pomodori. Qui, il ragazzo, conosce sulla propria pelle il caporalato del Sud Italia e la disumanità dei campi di lavoro che tanto ricordano quelli degli anni ’30 e ’40 sotto i regimi nazi-fascisti.
Passa anche diciotto ore filate sotto la calura pugliese nei campi, riceve lo stipendio misero di 3,50 euro ogni cassone da tre quintali ed è costretto a dormire in baracche di cartone senza acqua, né corrente. I
l tutto, sotto gli ordini dei caporali (a volte italiani, altre nordafricani) i quali non tollerano pause e si fanno pagare persino il trasporto in ospedale per chi, stremato da caldo e stanchezza, sviene nei campi. Intorno a Yvan, ci sono solo ragazzi africani: camerunensi come lui, togolesi, ivoriani, maghrebini, senegalesi, somali.
A tutti è stata sequestrata da parte dei caporali la carta d’identità, utilizzata spesso per più di un individuo, in modo da coprire la clandestinità di buona parte dei braccianti.
Cambio di rotta
Un lavoratore senza identità, spiegherà Yvan, diventa a tutti gli effetti uno schiavo. A lui, e agli altri raccoglitori della Masseria Boncuri, non manca però il coraggio. All’ennesimo inasprimento delle condizioni di lavoro, il ragazzo camerunense con il sogno italiano, smette i panni del lavoratore e veste quelli del capo rivoluzionario.
Più Gandhi che Che Guevara, Yvan riesce a unire tutti i compagni in un grande sciopero generale, che paralizza i guadagni dei caporali e, soprattutto, riesce a ottenere l’attenzione dei media e della magistratura locale.
Il risultato è che nel maggio del 2012, 9 mesi dopo lo sciopero, sedici caporali vengono arrestati. Una grande vittoria per Yvan, che nel frattempo si è rimesso a studiare e ha anche scritto un libro, edito da Fandango, sulla sua esperienza: Ama il tuo sogno.
La vendetta
I guai, però, non sono finiti: come svela lo scrittore Alessandro Leogrande, i caporali tunisini del Salento avrebbero già in mente una vendetta contro il Gandhi del Camerun, un vero e proprio piano per ucciderlo. Pestare i piedi a chi gestisce il lavoro nero nei campi del Sud Italia significa, in qualche modo, mettersi contro alla criminalità organizzata locale.
Per questi motivi Yvan Sagnet va protetto e la sua storia va divulgata il più possibile: perché tutti possano vederlo come un piccolo eroe che ha amato e ama fino alla fine il proprio sogno, per difenderlo dal pericolo che ingiustamente corre. Perché la sua storia d’amore non abbia una fine drammatica.
di Luca Romeo