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 “Uscivo di casa e decidevo di ammazzare, così come avrei potuto decidere di andare al ristorante. Io mi agito per una marachella e poi ammazzo come niente fosse”

Cosi si rivolge Donato Bilancia, meglio conosciuto come il “giustiziere”, allo psichiatra durante un colloquio in carcere. Gli omicidi seriali si contraddistinguono, oltre che per la pluralità delle vittime, per la presenza di alcuni “rituali” o  “totem” che puntualmente ricorrono.

Il modus operandi del reo è un importante veicolo di informazioni circa la personalità dello stesso. Capire la scelta dell’arma, le modalità d’azione, le caratteristiche delle vittime, consente di risalire all’identità dell’assassino.

Nel caso del “giustiziere” ligure, la mancanza di una continuità del suo agire criminoso, il fatto che potesse uccidere chiunque e senza un movente ben preciso, sono gli elementi che contribuiscono a definirlo come “un anomalo serial killer”.

Ma chi è Donato Bilancia?
Nato vicino Potenza nel 1951, si trasferisce a Genova nel ‘56. Non vive un’infanzia felice. Dai suoi racconti emergono sentimenti di rabbia contro la madre e il fratello. Il 1987 segna definitivamente la sua vita: il fratello con in braccio il nipote di quattro anni si toglie la vita buttandosi sotto un treno presso la stazione di Genova-Pegli.

La “carriera deviante” del giustiziere inizia  con i primi reati di furto, manifesta un desiderio compulsivo di arricchirsi sempre di più. Ama le belle macchine e tutto ciò che possa essere sinonimo di prestigio sociale. Nel 1997 inizia a  uccidere, si contano diciassette omicidi fino al giorno della cattura: 7 maggio 1998.

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I delitti           
Gli omicidi ravvicinati: 8 marzo a Varazze e il 18 a Pietra Ligure, fanno credere che la scelta delle vittime avvenga nel campo della prostituzione, ma non è cosi: il mese dopo Bilancia allarga i propri orizzonti criminali.

Il 12 aprile, sull’intercity Spezia-Venezia uccide Elisabetta Pozzetti nel bagno del vagone (utilizza  la sua  abilità nello scasso per aprire il bagno).

Il 14 aprile ammazza  un’altra prostituta e solo quattro giorni dopo ritorna  a macchiare di sangue la tratta Genova-Ventimiglia uccidendo una ragazza e masturbandosi con il suo cadavere.

Il 21 aprile ad Arma di Taglia consuma il suo ultimo delitto, rapinando e uccidendo un benzinaio.

Prifiling
Impossibile tracciare un profilo, un identikit. Una sola costante: la scelta dell’arma, una calibro .38. Se volessimo sforzarci di individuare in lui anche solo un aspetto comune agli altri assassini seriali, potremmo farlo partendo dal suo “desiderio di onnipotenza”.

Le sue parole sembrano affidare al caso la scelta delle vittime ma in realtà la mancanza di una scelta vittimologia costante contribuisce ad arricchire la sua sete di potere.

Può uccidere chiunque e quindi essere temuto da tutti; questo genera appagamento in una personalità disturbata: la maggior parte dei seriali agisce spinta da questo “sentimento”.

Bilancia sfugge per anni alle forze dell’ordine, ma resta a sua volta “vittima” del fato, come se a punirlo per primo vi fosse una “legge divina”.
Il 24 marzo a Novi Ligure si apparta con il transessuale Lorena; quest’ultimo scappa ma viene gravemente ferito all’addome. Il killer, credendolo morto, uccide anche due metronotte giunti sulla scena del crimine.

In realtà Lorena non muore e sarà in grado di fornire un identikit ai carabinieri. Sarà grazie a questo elemento che, confrontando il tutto con le tracce di DNA rinvenute sui vari cadaveri, si arriva alla cattura del “giustiziere”.

Attualmente Donato Bilancia e i suoi mille volti da assassino scontano la pena presso il carcere di Padova.

di Roberta Della Torre