Una delle principali battaglie della sinistra in Italia già nell’800 è stata a favore della scolarizzazione obbligatoria per tutti. Per loro era chiaro che, affinché un popolo potesse veramente emanciparsi e svilupparsi, doveva essere istruito. L’ignoranza del popolo è sempre stato uno dei più potenti strumenti di controllo sociale e di dominio da parte delle classi dominanti.
Primo passo per lo sviluppo sociale
La conquista della scolarizzazione di massa non tardò a dare effetti positivi per quanto riguarda la crescita culturale e il superamento di vecchie mentalità e pregiudizi di stampo feudale. Ma anche lo stesso sviluppo economico ne ha risentito, con l’emergere di nuovi settori di consumo di massa (per esempio l’editoria). Più in generale, l’istruzione diffusa ha prodotto una maggior apertura mentale e consapevolezza nel popolo italiano. Ma come molte delle conquiste progressiste del secolo scorso, anche la scuola risente dei tagli ai servizi pubblici.
Si è cominciato con la “Riforma Gelmini”, con la quale sono stati ridotti o cancellati una serie di servizi relativi alla scuola (come ad esempio il sostegno) e che ha visto una notevole diminuzione del corpo docente.
La strada del governo Monti
La spending review prevede un taglio di duecento milioni di euro per il sistema scolastico. Lo stesso concorsone, tanto pubblicizzato, presenta dei problemi enormi. Molti giovani precari della scuola ne rimangono esclusi e per accedervi occorre essere laureati prima del 2004 (della serie: largo ai giovani…).
Inoltre è un dato di fatto che le scuole cadono a pezzi ed è aumentato il numero di studenti per insegnante, cosa che ha delle conseguenze ampiamente negative, sia per i docenti, i quali faticano molto di più a gestire sempre più ragazzi, sia per gli alunni, che seguono con molta più difficoltà e imparano meno.
E qui, molti potrebbero tirare fuori il solito argomento economico, che suona più o meno così: “Lo Stato è indebitato per le troppe spese e non si può andare avanti”.
Tuttavia, dopo i finanziamenti alle scuole e alle università private dei governi precedenti, anche il governo Monti sta procedendo in tal senso.
Il pericolo è di ricreare una distinzione troppo evidente tra scuole di “serie A” e scuole di “serie B”, con buona pace della tanto sbandierata “mobilità sociale”.
Le manifestazioni studentesche di venerdì scorso hanno chiesto una scuola pubblica di qualità (alcuni paesi del “Terzo Mondo” oggi si stanno sviluppando proprio anche grazie agli investimenti per scuola e ricerca), nonché risorse per le scuole che cadono a pezzi. La reazione, con cariche violente e manganellate anche per ragazzini adolescenti, non si può certo definire fra le migliori possibili.
Ai giovanissimi che giustamente si domandano quale sarà il futuro che li attende, se mai riusciranno a trovare un’occupazione e a farsi una vita, si risponde azzittendoli. Anche ciò è significativo del clima che si sta respirando in Italia e in Europa.