Non ha fine il giallo di Emanuela Orlandi, la sedicenne cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983. Dopo quasi trent’anni la verità sembra avvicinarsi e allontanarsi sempre con la stessa intensità, senza però mai una certezza o anche un solo riscontro. Stavolta le presunte rivelazioni vengono da un uomo presentatosi come ex agente del Sismi, il servizio segreto italiano, che durante la trasmissione di una tv romana si è detto informato dei fatti inerenti la scomparsa della Orlandi.
Secondo costui Emanuela non sarebbe morta bensì segregata per ventotto anni all’interno di un manicomio posto nel cuore di Londra. La ragazza sarebbe stata continuamente sedata per tenerla in vita nonostante il passare del tempo e le tante voci che l’avrebbero voluta morta all’indomani del rapimento. Nel corso della trasmissione l’uomo ha spiegato a Pietro Orlandi, fratello di Emanuela e presente in studio, che le ragioni del rapimento affonderebbero in alcune, e non meglio indicate, attività svolte dal padre, impiegato vaticano. Certamente se la notizia venisse confermata allora saremmo dinanzi a una incredibile spy story con al centro i servizi segreti inglesi e con il presunto viaggio della ragazza che l’avrebbe vista attraversare la Germania in tutta segretezza fino ad approdare in Inghilterra.
Non possono tuttavia essere trascurati tanti, forse troppi interrogativi che aleggiano sulla storia raccontata dal sedicente ex agente del Sismi. Innanzitutto la domanda più importante è: Perché continuare per ventotto anni a tenere in vita Emanuela Orlandi?
Negli anni successivi al rapimento e con l’affiorare delle informazioni inerenti gli intrecci vaticani in molti hanno pensato a presunti legami della vicenda Orlandi con le questioni finanziarie vaticane legate allo Ior (Istituto Opere Religiose) guidato dall’allora cardinale Marcinkus, passando per le questioni del Banco Ambrosiano di Calvi. Eppure nessuna delle vicende indicate ha mai portato verso la verità. Fatto sta che oggi il caso Orlandi soffre di una “patologia” completamente opposta alla storia degli altri misteri (vaticani o italiani che siano) che da decenni affollano la mente degli investigatori più accaniti. Se infatti si osservano altre vicende come, appunto, il caso Calvi ma anche il caso Sindona e le stragi avvenute negli anni in Italia, si nota sempre un’assenza di informazioni in merito.
Nei casi appena citati le piste sono state sempre poche. Nel caso Orlandi si ha invece un’overdose di indizi, piste e storie che potrebbero tutte sembrare la verità e al tempo stesso un’alcova di menzogne e inganni. Sostanzialmente sono due le “scuole di pensiero” relative al caso trattato. C’è chi pensa che Emanuela sia viva e che tenuta prigioniera in qualche comunità dell’est Europa; anzi no, in qualche paese dell’Africa del nord; o ancora, in Inghilterra e c’è chi pensa addirittura che sia in realtà ancora in Vaticano fra le braccia dei familiari costretti a portare avanti una commedia utile a non lasciar trapelare alcunché in merito. Dall’altra parte c’è invece una schiera altrettanto nutrita di persone (giornalisti soprattutto) che pensano a Emanuela ormai morta.
In questa categoria rientra soprattutto Sabrina Minardi (presunta testimone diretta dei fatti inerenti il caso) così come chi ipotizza che la Orlandi sia morta durante un presunto festino fra le mura vaticane; o ancora chi crede che la ragazza sia stata uccisa perché legata a qualche scandalo relativo a qualche prelato vaticano, fino a giungere a chi sostiene che la povera ragazzina sia stata solo vittima di un ricatto perpetrato nei confronti di Papa Giovanni Paolo II.
In tutto questo “gioco” di teorie e pensieri più o meno fondati, alcuni fantasmi aleggiano però quasi sempre: sono i servizi segreti e la Banda della Magliana. In ogni teoria essi sono citati, specie i secondi. E’ una casualità o forse siamo dinanzi alle poche ma uniche certezze del caso Orlandi?
di Pasquale Ragone
(Articolo tratto dal settimanale “International Post”, 27.6.2011)