(foto fonte web)

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Il filippino Manuel Winston Reves è l’assassino della contessa Alberica Filo della Torre. E’ questo il contenuto dei flash di agenzia che freneticamente si occupano della vicenda nelle ultime ore.

Dopo vent’anni esatti dall’omicidio, l’uomo che nel 1991 lavorava come domestico per la famiglia della contessa ha infatti confessato di aver ucciso la donna. A incastrarlo sarebbero le tracce di Dna compatibili con quelle presenti su alcuni oggetti appartenenti alla scena del delitto. Nello specifico, a essere utilizzati per gli accertamenti sono stati lo zoccolo con il quale venne uccisa la contessa, un rolex appartenuto alla vittima, i pantaloni di Winston, delle lenzuola e altri indumenti.

Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, l’ex domestico avrebbe strangolato la vittima e poi le avrebbe inferto un colpo alla testa utilizzando uno zoccolo; infine si sarebbe dato alla fuga passando dal garage di casa. Eppure, così come nel caso di Via Poma laddove la compatibilità non è sinonimo di certezza, lo stesso dubbio potrebbe sorgere anche nel caso dell’Olgiata, quartiere romano dove Alberica  Filo della Torre venne uccisa il 10 luglio 1991. Analizzando con maggiore attenzione la vicenda, diversi punti non tornano. Innanzitutto la dinamica dell’omicidio.

Le tracce di Dna sono state ritrovate sul lenzuolo che stringeva il collo della vittima ed esse sarebbero compatibili con la ferita che Winston si era procurato, probabilmente durante la colluttazione con la donna: è questa la prova madre che l’Ert è riuscito a individuare dopo vent’anni e solo dopo che tre anni fa il marito della contessa, Pietro Mattei, aveva chiesto la riapertura del caso puntando sull’ausilio delle nuove tecnologie. Tuttavia, alcune riflessioni sono necessarie.

Bisogna chiedersi ad esempio se l’uomo era solo al momento del delitto oppure se qualcuno fosse con lui; ed è necessario chiedersi anche se le tracce ematiche erano finite sul lenzuolo perché effettivamente le mani di Winston avevano commesso l’omicidio o se quest’ultimo avesse partecipato soltanto alla dinamica che aveva portato alla morte la contessa.

(foto fonte web)
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In breve: Winston era da solo sulla scena del delitto? Il dubbio sorge grazie ad alcune testimonianze, come quelle di altre due domestiche di casa Filo della Torre che smentiscono l’ipotesi che Winston sia fuggito dal garage in quanto, nelle ore in cui avveniva l’omicidio, esse erano presenti proprio fra il garage e la piscina e non ricordavano affatto il passaggio dell’uomo.

A queste si aggiungono i dubbi e i vuoti di memoria di Winston che non ricorda di aver rubato alcuni gioielli della contessa spariti il giorno dell’omicidio. Torna quindi la domanda: Winston era da solo al momento dell’omicidio? E se qualcuno avesse tentato di uccidere la contessa strangolandola e, soltanto in un secondo momento, il domestico avesse dato il proprio contributo infierendo con uno zoccolo per essere certo della sua morte?

In quel caso, chi starebbe coprendo Winston per evitare che qualcuno venga accusato di omicidio? Per il momento non è dato saperlo. Quel che invece è possibile sapere riguarda i rapporti di altri personaggi con la contessa. L’insegnante d’inglese dei figli della contessa, ad esempio, poco tempo prima era stata licenziata da Alberica Filo della Torre per le insistenti richieste di denaro e di aumento di stipendio; lo stesso Winston aveva di sovente delle discussioni con la contessa per via di un prestito di un milione di lire all’epoca non restituito e pare che lavorasse proprio per estinguere il debito contratto; e non era un mistero che Roberto Iacono,  il figlio dell’insegnante d’inglese che frequentava casa Filo della Torre per via delle lezioni da impartire ai figli della contessa, non avesse gradito il licenziamento della madre. La posizione di quest’ultimo è stata però archiviata dagli inquirenti in quanto considerato del tutto estraneo alle indagini.

Ma resta il dubbio: qual era stato il ruolo di Winston nell’omicidio? Aveva colpito lui la contessa con lo zoccolo? Aveva strangolato lui la contessa con il lenzuolo o addirittura aveva fatto entrambe nella completa solitudine? E perché infierire con un corpo contundente se la donna era già stata uccisa con il lenzuolo? Nonostante la confessione, i dubbi permangono rendendo l’omicidio dell’Olgiata un giallo forse ancora lontano dalla parola “fine”.

di Pasquale Ragone

(Articolo tratto da “International Post”, 11.4.2011)