I servizi segreti sapevano di un imminente attentato dinamitardo.
Non servono giri di parole per spiegare le novità che riserverà l’udienza programmata in settimana per ridiscutere quanto accaduto il 28 maggio 1974 a Piazza della Loggia, a Brescia, quando un’esplosione durante un comizio antifascista uccise otto persone.
Le cosiddette “nuove prove” hanno del clamoroso e sono destinate a rovesciare un verdetto che finora non ha indicato alcun colpevole. Era novembre 2010 quando si dava notizia dell’assoluzione di Delfo Zorzi, Pino Rauti, Carlo Maria Raggi e Francesco Delfino; oggi una nuova pagina potrebbe scriversi riaprendo uno scrigno creduto definitivamente sigillato.
A rimettere tutto in gioco sono delle veline giunte nel 1974 negli uffici degli 007 italiani. Il loro contenuto annunciava l’imminenza di un attentato dinamitardo nel nord Italia da lì a pochi giorni. All’epoca si disse che quelle veline risalivano a luglio 1974, e considerando che la Strage di Brescia è datata 28 maggio dello stesso anno, si liquidò quei documenti come inutili alle indagini. La giustificazione aveva fatto si che quelle veline fossero rimaste nei cassetti degli uffici del Sismi (Servizio Informazioni Sicurezza Militare) senza che alcuno avesse più la possibilità di inserirle nei futuri processi.
Invece i pubblici ministeri Roberto Di Martino e Francesco Piantoni stravolgono l’ordine dei fatti: le veline risalgono ai primi giorni di maggio del 1974. Ma c’è di più e per comprendere appieno la spinta delle nuove indagini dei pm è necessario riportare brevemente i fatti accaduti. Nel corso dei vari processi l’accusa di aver piazzato l’ordigno è ricaduta sui componenti di “Ordine Nuovo”, movimento neo-fascista guidato da Pino Rauti in qualche modo presente in molti dei fatti delittuosi avvenuti nel corso degli anni ’70.
E’ proprio qui che entra in scena la “fonte Tritone”, il nome in codice con il quale veniva identificato Maurizio Tramonte. Si tratta dell’infiltrato in Ordine Nuovo che riferiva allo Stato. Sono sue le veline giunge a inizio maggio del 1974.
Ma qualcuno decise che quelle veline dovevano restare nei cassetti del Sismi addirittura a costo di far condannare Tramonte nei vari processi susseguitisi negli anni. E infatti nel 2010 l’unico “colpevole” era stato proprio “fonte Tritone” per calunnia, poi decaduta per prescrizione. Oggi la posizione di Tramonte cambia radicalmente: verranno reinterrogati i carabinieri che all’epoca erano addetti a ricevere da lui le informazioni riservate; e verranno reinterrogati i periti che nel 1974 analizzarono l’esplosivo utilizzato per la strage.
Il tentativo è quello di portare nel processo le vecchie testimonianze fatte passare negli anni come falsità o addirittura calunnie; il tentativo è quello di dare finalmente giustizia alle otto vittime, così come uno Stato dovrebbe fare.
di Pasquale Ragone
(Articolo tratto dal settimanale “International Post”, 20.2.2012)