(foto fonte web)
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Non è difficile immaginare il dramma degli ultimi istanti di vita di Elisa Claps. In base alle ricostruzioni che si sono susseguite in seguito alla scoperta del cadavere il 17 marzo 2010, in un sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità a Potenza, più volte è tornata alla mente la domanda su cosa fosse accaduto realmente alla ragazza scomparsa nel 1993.

Dopo diciotto anni sembra pian piano giungere il momento della verità, quello che vuole più uomini sulla scena del delitto, in base alle tracce di sperma ritrovate nel sottotetto, ma una sola mano assassina a colpire Elisa. Ebbene, riguardo quella mano iniziano a diradarsi le nuvole delle ipotesi per lasciare spazio alle certezze della realtà.

Grazie alla perizia medico-legale, comincia a disegnarsi un quadro preciso ed estremamente drammatico, già indicando nei mesi scorsi che Elisa Claps era stata dapprima colpita con un oggetto simile a una forbice e poi lasciata moribonda, consegnata alla propria agonia.

Ma ulteriori elementi permettono di capire come la ragazza fosse arrivata nel sottotetto della Chiesa e quali movenze ne avessero caratterizzato la morte. Alcuni sassolini ritrovati sotto il tacco della scarpa di Elisa lasciano intendere che quest’ultima giunse con le proprie gambe all’appuntamento con la morte.

Che fosse stata forzata, ingannata da un finto appuntamento o giunta per appartarsi con qualcuno non è dato saperlo. Quel che invece sappiamo con certezza è che ad attenderla ci sarebbero stati almeno due uomini. Il numero è dato dalle tracce biologiche presenti sulla scena del delitto, una delle quali compatibile con quella ritrovata sul materasso utilizzato per violentare Elisa prima e dopo la morte.

Ma è notizia di pochi giorni fa che, fra i due momenti, la ragazza avesse tentato di difendersi dal proprio assassino. Lo dimostrano le ferite riportate alla mano destra e alla mano sinistra, laddove nel referto del perito Cristina Cattaneo si parla di una ferita fra il primo e il secondo dito della mano destra (“sul versante laterale, in corrispondenza dello spazio interdigitale, fra il primo e il secondo dito, c’è una soluzione di continuo a tutto spessore del tegumento”); sul palmo all’altezza del terzo dito (“alla superficie palmare, in corrispondenza dell’ articolazione metacarpo-falangea del terzo dito”), ancora una volta della mano destra; e infine una ferita più profonda alla mano sinistra (“alla mano sinistra in corrispondenza del versante laterale del primo raggio del primo osso metacarpale e della prima falange prossimale, perdite di sostanza cutanea nastriforme a decorso longitudinale con contestuale esposizione della superficie ossea sottostante, che risulta illesa”). Ma c’è di più.

Grazie a una particolare combinazione dovuta alle sostanze organiche, alla mummificazione e al luogo dove il corpo è rimasto quasi vent’anni, è stato possibile notare delle “formazioni pilifere brunastre” che potrebbero appartenere all’assassino. Elisa avrebbe perciò tentato una disperata difesa prima di essere colpita con una forbice; prima di essere nuovamente violentata e di vedere tagliate ben otto ciocche di capelli.

Su quest’ultimo punto il medico legale ha però specificato che i tagli presenti potrebbero essere invece in parte il risultato della decomposizione. Il taglio delle ciocche di capelli è tuttavia un particolare importante, da sempre ritenuto una sorta di macabra firma dell’unico sospettato dell’omicidio, Danilo Restivo.

L’accertamento dell’appartenenza delle formazioni pilifere potrebbe, assieme al Dna ritrovato nel sottotetto, permetterebbe finalmente un controllo incrociato per incastrare l’assassino di Elisa. Per ora, in mano agli inquirenti e negli occhi della gente, resta la triste vicenda di una ragazza brutalmente uccisa e violentata fra omertà e silenzi che giorno dopo giorno hanno sempre più le ore contate.

di Pasquale Ragone

(Articolo tratto dal settimanale “International Post”, 31.1.2011)