(foto fonte web)

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Negli ultimi tempi la parola è sulla bocca di tutti, ma cosa significa concretamente?
Immaginiamo il Premier Mario Monti e il commissario straordinario “per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi con il compito di definire il livello di spesa per voci di costo”, (più semplicemente Enrico Bondi) nei panni delle nostre mamme e delle nostre nonne, le quali fanno i conti in tasca ai vari componenti della famiglia per capire per quale motivo non si riesca ad arrivare a fine mese e si è costretti a far “segnare” dal salumiere.

Molti di voi forse staranno sorridendo, ma essenzialmente la famosa Spending Review, in italiano “Revisione della Spesa” è quello che da anni accade ogni mese nelle più classiche famiglie italiane, solo che al posto di mariti e figli troviamo dicasteri ed Enti Pubblici.

In termini tecnici e pratici, si tratta dell’analisi dei capitoli di spesa nell’ambito dei programmi delle attività da attuare, da parte dei singoli dicasteri, al fine di individuare le voci passibili di taglio, per evitare inefficienze e sprechi di denaro.

Il focus di questa azione di bilancio è quello di pervenire a un più efficiente controllo nell’utilità effettiva della spesa pubblica.

L’introduzione in Italia del termine Spending Review l’attribuiamo al  ministro dell’Economia e delle Finanze Domenico Siniscalco (II e III Governo Berlusconi, tecnico alla Monti in quanto economista e a lungo docente di Economia politica all’università di Torino) perché questa è l’intestazione che recava il documento del luglio 2004, messo a punto dall’allora Ministro del Tesoro inglese Gordon Brown per conto del Governo Blair.

Siniscalco lo lesse e lo studiò in copia durante quell’estate. Ne trasse ispirazione per la propria politica nel campo del contenimento qualificato e della previsione e programmazione della spesa pubblica.

Tale politica ebbe seguito anche durante l’ultimo governo Prodi con il Ministro Padoa Schioppa, avviandola in via sperimentale dalla legge finanziaria del 2007, trasformata , in programma permanente ad opera della legge finanziaria del 2008 (con annessa istituzione di un’apposita commissione che si occupasse della finanza pubblica).

Alla luce dell’attuale situazione dei conti pubblici italiani è facile pensare che i primi due tentativi siano andati ampiamente male forse per il poco appoggio politico ottenuto in Parlamento.
Oggi stiamo assistendo all’ennesimo capitolo della pur giovane storia della Revisione della Spesa Pubblica italiana e, dalla lettura dei tagli previsti dal governo Monti, sembrerebbe che la strada imboccata sia per grandi linee quella giusta.

Ma cosa prevedono i tagli alla Spesa Pubblica versione 2012?

  • Per la PA sono validi solo i contratti attivati tramite Consip (Concessionaria Servizi Informativi Pubblici) salvo che non siano trovate soluzioni più vantaggiose, settore sanitario escluso;
  • Per i contratti già in corso, le amministrazioni possono recedere se i fornitori non adeguano le loro prestazioni alle migliori condizioni previste da Consip;
  • Per l’acquisto di beni e servizi, i ministeri applicheranno già da quest’anno i sistemi di riduzione della spesa;
  • Tagli al personale con esclusione della scuola, sicurezza, soccorsi e magistratura;
  • Riduzione del 20% del numero dei dirigenti  e del 10% dei dipendenti per i ministeri;
  • Obbligo per i ministeri di razionalizzare le risorse, riordinare le competenze ed eliminare le duplicazioni;
  • Riduzione dell’organico di tutte le forze armate per almeno il 10% del personale;
  • Prepensionamento per i dipendenti pubblici che abbiano raggiunto i requisiti necessari prima che entrasse in vigore la riforma delle pensioni. In alternativa mobilità di due anni con l’80% dello stipendio;
  • Riduzione del 50% della spesa per “auto blu”
  • Ferie obbligatorie per i dipendenti pubblici, impossibilità di lavorare in cambio di trattamenti economici ulteriori;
  • Riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione delle società a totale controllo pubblico;
  • Per ministeri ed enti statali previsti tagli per 1,5 miliardi per il 2012 e per 3 miliardi nel 2013;
  • Soppressi numerosi enti e fondazioni, con competenze trasferite nuovamente ai ministeri;
  • Riduzione dei trasferimenti alle Regioni per 700 milioni di euro nel 2012 e di 1 miliardo nel 2013, unica eccezione le risorse necessarie per la sanità;
  • Riduzione del numero delle province prevista sulla base della dimensione territoriale e del numero di abitanti;
  • Sistema di tesoreria unica per le scuole, per tutte le risorse finanziarie depositate fino a ora nelle banche private, mentre il personale docente impiegato all’estero nelle scuole italiane sarà ridotto e razionalizzato;
  • Le università private ricevono 10 milioni di euro, somma dimezzata rispetto al passato. Previsti 90 milioni in più per il diritto allo studio, 103 milioni stanziati per i libri gratuiti nella scuola secondaria di primo grado;
  • Contratti di fornitura ridotti del 5% nella sanità, diritto di recesso per quelli già in corso nel caso in cui i prezzi applicati siano più alti del 20% rispetto a quelli di riferimento;
  • Aumento già nel 2012 dello sconto obbligatorio applicato per la sanità pubblica: farmacie 3,85%, aziende farmaceutiche 6.5% (nel 2011 erano rispettivamente 1.82% e 1.83%).

L’elenco è lungo, le aspettative sono tante e la speranza di cambiare qualcosa non manca mai, continua la ”Mario Monti Revolution”.

di Matteo De Santis