Fare considerazioni generali su un terremoto e i suoi effetti non è mai cosa troppo semplice, viste le reazioni emotive dei lettori. Diventa troppo facile scadere nella retorica o nei commenti banali e scontati; o in frasi strappa-applausi, ma che poi non portano a niente di concreto. Ci vuole poco anche per finire sul banco degli imputati, accusati di strumentalizzare un evento drammatico, quando si tenta di indagarne le responsabilità.
E’ vero che terremoti e alluvioni sono eventi naturali spesso non prevedibili,”capricci” della natura con i quali gli esseri umani possono farci poco.Eppure è possibile fare spesso molto più di quanto si è portati di solito a pensare. Un esempio?
Prevenire.
Non si spiega altrimenti come mai in Giappone terremoti assai più potenti di quelli italiani producono di solito danni molto minori in termini di vite umane ed edilizia.
Molti degli edifici o capannoni industriali in Emilia -così come all’Aquila tre anni fa- sono crollati perché costruiti con materiali scadenti o comunque non in regola con le norme antisismiche. Naturalmente il riferimento è alle costruzioni recenti (su quelle antiche il discorso si fa molto più complesso).
Per le alluvioni la questione è molto simile: si costruisce a destra e manca senza un minimo di criterio, spesso abusivamente (ma tanto poi i condoni edilizi sono la normale prassi) finché la natura “si ribella” distruggendo strade, case e mietendo vittime.
Quando questo accade, come al solito tutti che piangono per la disgrazia, tutti che solidarizzano con gli alluvionati, per poi, passati i canonici tre-quattro giorni, ritornare alla vita normale e, soprattutto, a ricostruire nei luoghi più assurdi, come se niente fosse accaduto.
Le frasi di circostanza del tipo “siamo solidali con i terremotati”, in questi giorni servono a poco. Al limite una frase così sarebbe utile sentirla fra due, tre mesi quando tutti ormai -tranne gli abitanti del luogo- avranno dimenticato il terremoto e i riflettori dei mass-media saranno puntati altrove, magari sulle prossime nozze di qualche principe o sulla farfallina di Belen (vedi la popolazione dell’Aquila, già dimenticata da tutti).
Frasi come “di fronte al dolore dobbiamo essere uniti”, oppure “non strumentalizzare il dramma umano”, a cosa servono? A volte si ha la sensazione che servano soltanto a coprire le responsabilità di tutti quelli che potevano (anzi, dovevano) intervenire in senso preventivo prima che succedesse il disastro e che invece si sono guardati bene dal farlo.
Purtroppo è vero: l’Italia è il paese del “finché non ci scappa il morto, tiramo a campà”. E qualcuno ci si arricchisce sopra. Vedi, ad esempio, i costruttori: risparmiano sul materiale e qualcun altro ci muore.
E’ senz’altro utile stanziare soldi per eventi del genere ma sarebbe forse ancora più utile combattere seriamente la varie mafie che si annidano nelle istituzioni. Altrimenti, come sempre succede, lo Stato elargisce soldi ma poi questi chissà dove vanno a finire.
Purtroppo in Italia la tendenza non è quella di aumentare la prevenzione, bensì esattamente il contrario. Gli ultimi governi, e in particolare il governo Monti, tagliano fondi a tutto spiano, secondo la logica che i cittadini e gli Enti Locali debbano arrangiarsi da soli.Recentemente è passato il decreto secondo il quale lo Stato non risarcirà più i cittadini colpiti dalle calamità naturali.
I privati, nonché gli Enti Locali, dovranno ricorrere alle polizze assicurative. Ennesimo regalo -come se ce ne fosse bisogno- alle compagnie assicurative.E dove li trovano gli Enti i soldi per assicurarsi?
Ma naturalmente tartassando ulteriormente i poveri cittadini.Altro che terremoto…
di David Insaidi